Anche il 68° Festival Internazionale del Film di Berlino ha calato il sipario. Dopo dieci giorni di anteprime, rivelazioni e disillusioni, alla fine la giuria del Concorso Internazionale ha decretato i vincitori della Berlinale 2018 e i primi commenti non hanno atteso i titoli di coda per farsi sentire.
I vincitori della Berlinale 2018: L’ORSO D’ORO
Un detto popolare afferma “tolto il dente, via il dolore” partiamo quindi dal gradino più alto del podio occupato dal film che pressoché nessuno credeva potesse ricevere un premio, Touch Me Not.
Non credo vi sia una distizione tra realtà e finzione, c’è solo il cinema vissuto come personale esperienza del reale. Questa è una delle dichiarazioni rilasciate nelle note di regia da Adina Pintilie, l’autrice dell’opera che ha convinto i giurati ad assegnarle l’ambito Orso d’Oro. Come intuibile, non si tratta di un lungometraggio dall’impianto classico che sviscera il sentimento, le relazioni e interazioni umane, magari svolgendo un bel dramma.
In Touch Me Not la Pintilie mescola realtà e finzione e va alla scoperta dei tanti modi in cui si può istaurare intimità (versione carina per dire: si parla di sesso nelle sue variopinte derivazioni e stranezze). Se state inarcando il sopracciglio, sappiate che siete in compagnia. In molti in queste ore si stanno chiedendo come sia possibile che abbia sbaragliato la concorrenza. Il percepito sino a ieri era che non fosse piaciuto a nessuno.
I vincitori della Berlinale 2018: ALCUNI ORSI D’ARGENTO
La MIGLIOR REGIA, per contro, è andata a un nome acclamato sin da inizio Festival: Wes Anderson. Il cineasta texano ha ottenuto un riconoscimento per la sua ultima fatica, Isle of Dogs. Un’animazione dominata dai migliori amici dell’uomo, che da quest’ultimo vengono traditi nel momento in cui una misteriosa influenza si impossessa di loro. Confinati su un’isola di rifiuti, intraprenderanno una fantastica avventura alla ricerca del cane di un dodicenne, giunto in quella landa desolata mettendo a rischio la propria vita. Il doppiaggio (in lingua originale) e le battute sono due dei numerosi punti forti di una pellicola equilibrata e colorata che avrebbe stupito maggiormente se avesse avuto qualche difetto. Anderson è una certezza, il suo perfezionismo pure. Sin dalla prima visione si mormorava meritasse una lode. Speriamo che nel futuro prossimo si aggiudichi un oro.
Il GRAND JURY PRIZE va a Mug di Małgorzata Szumowska, una vecchia conoscenza di questa manifestazione. Suo era l’intrigante Elles (2012) con Juliette Binoche sul mondo della prostituzione di alto bordo; e sua è questa nuova esplorazione di una Polonia di provincia ancorata alla religione, all’ipocrisia e all’intolleranza del diverso, anche solo esteticamente differente. Perché questa è la storia di un bel giovanotto che lavora in un cantiere e un giorno ha un incidente, che lo sfigura al punto da necessitare un trapianto facciale. Come immaginabile, l’intervento sarà un successo ma gli cambierà i connotati e ciò tirerà fuori il peggio di chi gli sta intorno. Basato su fatti reali (la costruzione della più grande statua di Cristo e il primo trapianto facciale) questo lavoro approfondisce un’analisi della società polacca che era già presente nella sua produzione precedente.
La MIGLIOR ATTRICE è stata Ana Brun per la sua performance in The Heiresses, l’opera di esordio di Marcelo Martinessi che narra di una donna arrivata alla sessantina prima di imparare a stare al mondo. Un film non scevro da imperfezioni che però ha saputo portare fortuna alla sua interprete. Il MIGLIOR ATTORE è stato, invece, Anthony Bajon per la sua recitazione in The Prayer di Cédric Kahn. Questo, al contrario, è stato uno dei titoli che ha lasciato il segno proprio grazie al suo protagonista. Non stupisce quindi che Bajon abbia ottenuto l’Orso d’Argento.
Da ultimo, meritano una menzione, gli autori della MIGLIOR SCENEGGIATURA: Manuel Alcalá e Alonso Ruizpalacios per Museo, diretto dallo stesso Ruizpalacios. Uno dei lungometraggi su cui in tanti avevano riposto le proprie speranze. Perché, siamo onesti, quella appena conclusasi è stata una kermesse all’insegna dell’attesa del film dirompente e delle sorprese, entrambi mai arrivati. Di sorprendente c’è stata solo la delusione provocata dai nomi più acclamati (vedi Lav Diaz), quelli che avrebbero dovuto essere una certezza e di certo hanno rivelato solo il minutaggio (spesso inutilmente dilatato).
Insomma, sono in molti a credere sia giunto il momento di cambiare rotta: questi vincitori della Berlinale 2018 non ci hanno fatto impazzire.
Vissia Menza
n.d.r. qui l’elenco completo dei vincitori della Berlinale 2018
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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