Don’t worry, he won’t get far on foot è il film biografico diretto da Gus Van Sant con Joaquin Phoenix presentato in anteprima alla Berlinale 2018.

Joaquin Phoenix e Jonah Hill nel film Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot © 2018 AMAZON CONTENT SERVICES LLC / Scott Patrick Green

Joaquin Phoenix e Jonah Hill nel film Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot © 2018 AMAZON CONTENT SERVICES LLC / Scott Patrick Green

È arrivato anche il giorno di Gus Van Sant, del regista indie per eccellenza, di uno dei simboli del cinema d’autore fine anni ’80 e ‘90. Suoi sono capolavori come Drugstore Cowboy (1989), Belli e Dannati (1991), Will Hunting (1997) e, più di recente, Milk (2008) – che vinse due premi Oscar®. Alla Berlinale 2018 porta Don’t worry, he won’t get far on foot, versione cinematografica dell’omonima biografia del vignettista John Callahan.

LA STORIA

John Callahan aveva 21 anni quando, dopo una sera di bagordi, ebbe un incidente automobilistico da cui ne uscì in carrozzina. Disegnava già da qualche tempo, soprattutto era già un alcolista. Quella notte non era al volante ma era troppo ubriaco per accorgersi che alla guida ci fosse un amico sbronzo quanto o forse più di lui. Ironia della sorte l’altro se la cavò con due graffi. Al fine di superare la nuova condizione pensò bene di proseguire sulla via dell’autodistruzione. Grazie al cielo, un giorno, trovò la determinazione necessaria a intraprendere la più difficile riabilitazione della sua esistenza: quella dagli alcolici.

Il lungometraggio di Van Sant si concentra su questo capitolo della vita del vignettista e affida il compito di dare volto e anima a Callahan a Joaquin Phoenix, attore noto per la sua inclinazione ai ruoli impossibili. Qui la prova era doppia: non solo calarsi nei panni di Mister genio e sregolatezza ma pure in quelli di Mister capricci e disabilità. Inutile dirlo, ha vinto ancora una volta la scommessa.

Joaquin Phoenix nel film Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot © 2018 AMAZON CONTENT SERVICES LLC / Scott Patrick Green

Joaquin Phoenix nel film Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot © 2018 AMAZON CONTENT SERVICES LLC / Scott Patrick Green

IL FILM

Phoenix è come al suo solito irresistibile e qui si trasforma in un uomo eccentrico, problematico, che in più di un’occasione ci vien voglia di schiaffeggiare. Non so se Callahan fosse così insopportabile ma la sua versione cinematografica lo è, e la sedia su cui è confinata diventa presto un dettaglio sullo sfondo di una situazione più grave e complessa che mette sotto stress (e non poco) i nostri istinti. Motivo per cui, dopo quindici minuti, se avessimo dovuto scommettere, avremmo puntato sulla sua morte imminente.

Il suo calvario fatto di piccoli miglioramenti e grandi capitomboli, di telefonate improvvise allo sponsor e di corse al gruppo di sostegno, è condiviso con noi passo a passo. Ne percepiamo ogni momento, ogni sforzo, sino allo sfiancamento. Nella seconda metà sentiamo il bisogno che qualcosa cambi, ma la battaglia con l’alcool, si sa, è lunga. Ora che abbiamo anche noi sofferto, lo sappiamo e non lo dimenticheremo. Se questo era lo scopo, allora è stato raggiunto. In caso contrario la noia farà capolino. 

IL DOLORE 

Gus Van Sant confeziona un’opera che intrattiene, ma non abbaglia – che lui sappia girare e il cast abbia dato il meglio, nessuno ha il minimo dubbio. Ai titoli di coda in sala si è presto diffuso un senso di gratitudine per non averci inflitto una pena simile a quella di Cannes 2015. Personalmente, ho avvertito una dilatazione del tempo assente nei suoi lavori migliori e una ricerca di sentimento datata, quasi vintage. Sensazioni che, unite ad un tema ampiamente sviscerato dalla settimana arte e ad una trama che nulla aggiunge ad altre pellicole già viste, mi convincono a ritenere Don’t worry, he won’t get far on foot uno di quei film gradevoli ma destinati all’oblio.

Vissia Menza