THE DEVIL’S CANDY: i dolcetti del diavolo

Recensione del film horror THE DEVIL’S CANDY, in home video dal 18 gennaio 2018.

la cover del DVD del film horror The Devil’s Candy

In una delle scene più incendiarie di The Devil’s Candy, gli osservatori attenti nel pieno possesso delle loro diottrie noteranno nell’angolino di un muro un poster di Rob Zombie. Un caso? No.
Da qui si parte infatti, analizzando un buon film horror che richiama la tradizione generica del “666” e alcune sfaccettature dello stile del musicista e regista del Massachusetts. Nel film diretto da Sean Byrne (The Loved Ones), il satanico e il rockn’roll convolano a nozze, mentre disfano irrimediabilmente la vita della famigliola protagonista.

Tutta colpa di una chitarra rosso fuoco, un accordo suonato in maniera ossessiva come il rintocco di una campana malefica, e delle voci che entrano nella testa e ordinano di uccidere: il primo a soccombere è l’enorme ritardato Ray (Pruitt Taylor Vince, una faccia lercia e molesta che andrebbe sfruttata ancora), poi tocca alla famiglia Hellman (!).
Sarà dovere di papà Jesse (Ethan Embry, che ricordo nei panni di Mark nello stracult Empire Records) interrompere la catena musicale di omicidi.

The Devil’s Candy è uno di quei film che mi esaltano ed inteneriscono, perché nascono da un portafoglio misero, da un pugno di buoni attori, tecnica ed estetica ben ragionate e poco altro.
Così, confezionare una storia di paura suggestiva pare quasi un miracolo, e la sorpresa è doppia.
Byrne fa questo e si merita un appunto in agenda, punzecchiando i fianchi del pubblico con un incubo che nasce e finisce con un’ode all’heavy metal; genere e mentalità che solitamente mi urtano tremendamente, ma al contrario dell’insistita farsa del recente Deathgasm in questo caso diventa divertente e discreta cornice sonora e filosofica.

E’ la passione condivisa della famigliola, infatti, insieme a una dimora maledetta, a far collassare i muri: le vie del Demonio sono infinite più una, così la minaccia raddoppia, dentro la casa il mostro-papà, fuori una mente irreversibilmente alterata dal tocco del male.
La lezioncina nera del film è che il male si diffonde ed insinua con facilità e creatività, non a caso anche l’arte pittorica lo veicola tra una scena e l’altra in modo incisivo.
Un insegnamento che funziona e che mette anche qualche inquietudine, grazie a suoni che stordiscono e volti trasfigurati da una velata possessione, dal cast azzeccato (una volta tanto anche la ragazzina non disturba) alla sana crudeltà che sgorga nei momenti clou.

Il fuoco aiuta il cuoco, dice un vecchio adagio. The Devil’s Candy è un piatto fatto di pochi e saporiti ingredienti e, per l’appunto, sfocia in un finale che è un vero e proprio rogo (letteralmente!).
Contro ogni probabilità, tra le pieghe dell’ennesimo “Qualcosa Del Diavolo”, c’è materiale per rabbrividire.

Voto: 7/10

Luca Zanovello

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