Un commento a The Post il nuovo film di Steven Spielberg con protagonisti Meryl Streep e Tom Hanks al cinema dal 1 febbraio 2018, presentato in anteprima a Milano.
Ci sono film che sembrano intrecciarsi alla realtà in un modo così preciso e puntuale, che viene quasi da credere ad un’entità superiore tremendamente beffarda e burlona.
The Post, film di Steven Spielberg che racconta un eclatante caso americano di guerra fra stampa e governo, nonché un saldissimo esempio di donna-coraggio, viene mandato in produzione appena sei giorni prima dell’esito delle elezioni presidenziali americane, che sembrano consegnare alla Storia il primo presidente donna.
L’esito viene sovvertito, così un film che doveva essere “un nostalgico sguardo indietro, alla strada che le donne avevano fatto negli ultimi cinquant’anni”, a detta della protagonista Meryl Streep, diventa “una riflessione su quella che rimane ancora da fare”.
Parole che arrivano dalla conferenza stampa milanese di The Post, alla presenza del regista, della Streep e del contraltare maschile Tom Hanks.
Nel film, la tre volte premio Oscar è Katharine Graham, editrice del quotidiano Washington Post, che nel 1971 è solo una piccola testata della capitale; Hanks è Ben Bradlee, l’intraprendente direttore del Post che mette le mani su documenti di importanza planetaria.
I Pentagon Papers rivelano infatti l’insabbiamento, da parte di ben quattro presidenti U.S.A. (tra cui il vigente Nixon), di informazioni di vitale importanza sull’andamento, le priorità e le falsità della Guerra in Vietnam.
Una bomba giornalistica che metterebbe sottosopra il mondo, che proietterebbe il Post nella leggenda ma che potrebbe ammanettare tutta la redazione. Dunque, pubblicare o non pubblicare? Rimettere nel cassetto la patata bollente, o rivendicare prepotentemente il diritto di stampa e alla verità?
Il dilemma è un’ennesima storia vera americana, ma di impareggiabili implicazioni sociopolitiche, che affronta due temi delicati come il conflitto stampa-politica e la battaglia femminile nel periodo migliore (o peggiore, per certi versi).
The Post, elegante ma svigorito resoconto di Spielberg, piccolo passo indietro per intensità e carica emotiva rispetto a Il Ponte Delle Spie, è il film giusto al momento giusto per far parlare più di cronaca che di cinema chiunque lo guardi o lo giudichi.
In realtà, mettendo per un attimo da parte i temi giganti, The Post è un film solido, in un certo senso “perfetto”: con decani alla regia e all’interpretazione, con una storia che attraverso le sue due ore di tragitto vede dal finestrino storia, politica, guerra, mass media, emancipazione femminile, riscossa dei più deboli, amore per la patria, amore per il lavoro, lavoro per amor proprio e di patria.
Un’impeccabile formula che però non colpisce più come quarant’anni fa, poco fresca e mai sorprendente, che non ha neanche metà dello sprint di un Tutti Gli Uomini Del Presidente o semplicemente de Il Caso Spotlight, né la forza nervosa che ci si potrebbe aspettare.
Esito dovuto a cosa? Probabilmente alla formula spielberghiana, così classica e precisa da diventare un po’ démodé, su misura per un pubblico educato ma un po’ agé di mentalità, che conduce da un po’ di tempo a questa parte (salvo eccezioni à la Il Ponte Delle Spie) a esiti buonissimi ma mai ottimi, più da fruizione che da memoria, compiti inappuntabili da primo della classe che però, almeno da queste parti, non scaldano il cuore.
LIBERTA’ ED EMANCIPAZIONI: THE POST BYPASSA IL CINEMA
Un film che come detto, considerando le tematiche e la puntualità, non può (e neanche deve) estendere il suo respiro al solo dibattito cinematografico.
Ecco allora che l’incontro milanese di cast e regista diventa arena di argomenti “larger than life”.
Perché come dice lo stesso Spielberg, sono proprio i giornalisti, i veri guardiani della libera stampa e dunque della democrazia. Una “verità incontrovertibile” che emerge con piena potenza nei fatti narrati, gli albori dei seventies statunitensi di Richard Nixon, il quale con l’occultamento dei Pentagon Papers commise “un atto inaudito, che somiglia pericolosamente alle minacce alla libertà di stampa del governo attuale”.
Lecito dunque domandargli la reazione della stampa U.S.A. all’uscita del film.
“Abbiamo ricevuto un sostegno e un supporto fortissimi”, dice Spielberg. Poi ricorda la dura vita del giornalismo in epoca Trump (mai direttamente citato), le lotte contro la disinformazione e quelle etichette di “fake news” spesso affibbiate a storie invise alla presidenza.
Poi, una sottolineatura fondamentale: “Al di là del messaggio politico, è stato apprezzato molto il ritratto di Katharine Graham, così meravigliosamente interpretata da Meryl. La Graham era una donna al potere che tuttavia non riusciva a far sentire la sua voce, a farsi valere, in un mondo governato da uomini. Nel momento più importante lei trova la voce, mettendo tutti al loro posto.”
E’ una puntualizzazione cruciale, perché cruciale è la figura della donna, “il nucleo emotivo del film”.
Tom Hanks aggiunge scherzando: “Devo dire però che il New York Times non era del tutto soddisfatto. Avrebbe infatti voluto che il film si intitolasse “THE NEW YORK TIMES””
Quando si entra nell’area del rispetto per le donne e della parità dei sessi, è il microfono della Streep a essere rovente. La Graham è un esempio di coraggio: una dote innata o che si può imparare?
“The Post è una storia che ruota attorno al concetto di coraggio: da Daniel Ellsberg che con una manovra di vero e proprio spionaggio sottrasse i documenti incriminati, alla determinazione del personaggio di Tom, Ben Bradlee, fino al mio.
Sono atti di coraggio che compongono un racconto che riguarda un lasso di tempo lunghissimo e di ben quattro governi, quattro presidenti che sapevano tutto e lo tenevano nascosto.”
Per la collezionista di statuette dorate, la Graham “grazie al suo coraggio divenne una delle donne più importanti del ventesimo secolo, quando le redazioni erano composte esclusivamente da uomini bianchi, sfidando Nixon, vincendo un Pulitzer, diventando una vera e propria icona.”
Coraggio appreso, dunque, quel coraggio che secondo la Streep “oggi non insegniamo abbastanza alle nostre ragazze.”
Hanks risponde parlando del coraggio del “suo” Ben, un uomo e giornalista competitivo allo sfinimento, “una bestia che non cercava una storia, ma LA storia, che non dormiva la notte pur di bruciare la concorrenza. La sua passione, il suo senso di sfida lo portarono a spingere l’allora secondario Washington Post a sfidare e prevalere sull’arcinoto New York Times.”
Anche Spielberg ribadisce “la fame tremenda” del direttore, una fame feroce, un appetito insaziabile per la notizia che lo spinse a “immaginare un futuro grandioso per il Post”.
E a infondere autostima e grinta alla Graham – precisa Hanks – riconoscendola però sempre come “la sua boss”.
Immancabile, in chiusura, un aggancio al terremoto “molesto” che ha recentemente scosso l’ambiente di Hollywood: un outing importante ma forse tardivo?
La Streep, in prima linea sul tema e sostenitrice della campagna #Timesup, sostiene che non si tratti in realtà di una battaglia nuova: “forse gli esseri umani imparano molto lentamente, ma l’aria è cambiata. Non solo a Hollywood, ovunque: in ambito militare, nel Congresso, in molti settori e posti di lavoro. C’è stata una grande apertura perché ora fioccano nomi grossi sulle prime pagine, ma le donne hanno sempre lottato per cambiare le cose.
Quando anche Hollywood si è ribellata, le donne ovunque hanno preso coraggio.
Il futuro? Forse ci sarà qualche piccolo passo indietro ma se ne faranno altri avanti, sono fiduciosa.”
E per Steven Spielberg qual è la situazione e quali le prospettive future, negli Stati Uniti, per quanto riguarda il rapporto tra uomini e donne?
“Per rispondere dovrei essere il più grande sociologo, conduttore di talkshow o romanziere, una persona a cui tutti chiedono consiglio. Ma è un tema arcaico con tanti secoli di storia alle spalle, sono stati scritti fiumi d’inchiostro sul tema, eppure la battaglia dei sessi non ha ancora una risposta definitiva.
Le Donne hanno dimostrato di avere la forza di spezzare lo stampo in cui sono costrette, come durante la Seconda Guerra Mondiale, quando gli uomini erano al fronte, ma poi sono state ricacciate indietro, non hanno avuto la possibilità di capitalizzare la loro leadership e il loro ruolo di potere non è stato riconosciuto.
E’ una lotta di potere e non ho la competenza per poter fornire risposte esaustive e corrette, ma proprio con questi esempi della Storia, mi sento di dire che il problema è principalmente degli uomini.
Sono loro che non hanno ancora saputo controllarsi e comportarsi in modo adeguato, che non sono mai riusciti ad accettare un “no” come risposta. Finché questo non succederà, la lotta di potere continuerà.
Mi auguro che il film possa ispirare molte donne, che come Katharine Graham abbiano la possibilità di trovare la loro voce, che possano dire “al diavolo, ora faccio come penso io!”.
Luca Zanovello
Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole
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