Recensione di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, lo strepitoso film di Martin McDonagh al cinema dall’11 gennaio 2018.
Mildred indossa una tuta, ha i capelli arruffati e non è incline al sorriso. È arrabbiata. Il suo dolore arriva dal profondo e appena scopriamo da cosa sia provocato non riusciamo più a giudicarla. Mildred Hayes (Frances McDormand) è la madre di Angela, una ragazzina che, a poche curve da casa, una sera è stata brutalmente uccisa. Dei colpevoli, ad oggi, non c’è alcuna traccia e Mildred è ormai stremata. Ha bisogno di risposte, di scaricare la frustrazione che la divora e di rendere giustizia a quell’innocente privata di un futuro. Un giorno decide di prendere in mano la situazione. Affitta tre enormi spazi pubblicitari a bordo strada e li usa per ricordare allo sceriffo di Ebbing, Bill Willoughby (Woody Harrelson), di avere ancora un caso in sospeso.
Ebbing non è il centro del mondo, è solo nel centro degli Stati Uniti. È una cittadina immersa nel verde. Tutti si conoscono e nessuno dovrebbe essere in grado di commettere un delitto svanendo nel nulla. Come accade in ogni comunità piccola, i difetti di ognuno si accentuano, i momenti grotteschi sono all’ordine del giorno e le storie private si svelano in fretta. Che il vicesceriffo Jason Dixon (Sam Rockwell) dica sempre la cosa sbagliata, abbia di sovente il naso rotto e viva con la mamma, non solo ce l’aspettiamo, ma se non ci fosse lo andremmo a cercare. E faremmo lo stesso con qualsiasi altro personaggio di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, la commedia drammatica firmata da Martin McDonagh (In Bruges e 7 Psicopatici) dall’11 gennaio nelle sale.
Premiato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia (miglior sceneggiatura) e la settimana successiva a Toronto (con l’ambito premio del pubblico), il film scritto e diretto da McDonagh conquista lo spettatore sin dai fotogrammi iniziali, fatti di smorfie, azioni spregiudicate e poche – misurate – parole. I nostri occhi sono tutti per gli attori, le cui interpretazioni, prive di sbavature, dimostrano un evidente stato di grazia collettivo.
Fughiamo subito eventuali dubbi, Tre Manifesti a Ebbing, Missouri non conquista per la trama che sottende un’indagine di polizia irrisolta, bensì per l’aver tratteggiato, e plasmato, protagonisti tanto imperfetti quanto reali. Per le parole che dicono e gli errori che compiono. Per i loro pensieri scorretti, i gesti assurdi e le debolezze che hanno. Sono vivi e respirano sebbene siano finti. Ci piacciono nel loro essere disperati, miseri, bugiardi ma anche, in alcuni casi, semplici e con un cuore “grande cosi”. Perché in questo mix di limiti e fallimenti, sono sinceri e ci fanno provare un misto di rabbia e tenerezza. E noi, che amiamo la scrittura, non possiamo che rimanere sedotti da un simile trionfo di bravura.
Alla sua terza prova, il regista britannico continua sulla linea della commistione tra dramma e commedia, tanto nera come la pece quanto affilata come un coltello giapponese. Oggi ci porta nel cuore dell’America, in quella fucina di menti ottuse, e inclini a facili pregiudizi, in cui, forse, la propria storia (quella vera!) non è mai stata del tutto assimilata. E su tale sfondo pone la povera Mildred, in cerca di collaborazione da un gruppo di poliziotti distratti, indolenti e un po’ razzisti.
Sulla candidatura ai prossimi Oscar® della McDormand ci puntano in molti, su quella di Rockwell, prima del Golden Globe, alcuni erano scettici. Noi ci poniamo tra coloro che vorrebbero veder premiato il talento di questo attore troppe volte sottostimato (o mal diretto, lasciamo agli addetti ai lavori decidere), che qui è stato fondamentale per la riuscita dell’opera. Sulle sue spalle è pesato il difficile compito di farci ridere ma non disgustarci. Il che non era per nulla scontato. Perché durante la visione di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri si sospira, si riflette e, soprattutto, ci si diverte senza sentirsi mai in colpa.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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