Recensione di Corpo e Anima, il film ungherese vincitore dell’Orso d’Oro al 67° Festival di Berlino, al cinema dal 4 gennaio.
Endre lavora in un mattatoio; è direttore amministrativo, molto raramente scende “giù”, dove gli animali vengono abbattuti. Ha passato i sessant’anni e ha subìto la sua dose di batoste: ha il braccio sinistro paralizzato e una vita completamente solitaria. Dalla sua postazione privilegiata, Endre guarda con un certo sospetto la nuova arrivata Mària, inviata come funzionario esterno dall’autorità sanitaria a curare il controllo qualità delle carni. Lei è silenziosa, schiva e maniacalmente scrupolosa nell’applicare i regolamenti. Non lega con nessuno, in mensa siede da sola, rifiuta, quasi spaventata, il minimo contatto umano. E’ giovane e graziosa, ma veste in modo trasandato, con abiti tristi e informi, quasi volesse nascondersi.
Un giorno avviene un incidente surreale: qualcuno ha rubato dalla farmacia veterinaria interna una fiala di afrodisiaco bovino e ha giocato uno scherzo idiota, per fortuna senza conseguenze. La polizia, per risalire al responsabile, impone di anticipare l’annuale colloquio psicologico di routine del personale.
E qui accade un fatto così impensabile che la psicologa si arrabbia, crede si tratti di un’altra burla puerile, che si siano messi d’accordo per prenderla in giro. All’insaputa l’uno dall’altro, Endre e Mària le hanno raccontato di fare da qualche tempo lo stesso sogno: lui si vede nel corpo di un bellissimo, maestoso cervo, lei in quello di una femmina, e insieme pascolano sereni in un silenzioso bosco innevato. Messi al corrente di questa reciproca, misteriosa connessione onirica, i loro fino ad allora gelidi rapporti iniziano inevitabilmente a cambiare.
L’intento della sceneggiatrice e regista Ildikó Enyedi – che negli anni scorsi non ha caso ha diretto 37 episodi della versione ungherese della serie Hbo In Treatment – era di raccontare in Corpo e Anima una storia d’amore passionale e travolgente nel modo meno romantico e spettacolare possibile. Partendo da una clamorosa ed incredibile coincidenza, che nella realtà potrebbe ispirare reazioni sia gioiose che terrorizzate, narra l’incontro di due persone sole e ferite, lui nel corpo, lei nell’anima.
Endre è un uomo amareggiato, si è arreso alla solitudine e alla sfiducia di ottenere mai più qualcosa di buono nell’ultima parte della sua vita. Non ha quasi più legami e vive nel passato, in tv guarda solo vecchi film. La figlia, adulta e con una sua vita, è preoccupata per quanto trascura se stesso e la sua decrepita casa, buia e arredata con deprimenti mobili anni 50.
Mària ha un disturbo dello spettro autistico: è tuttora in terapia dallo psicologo infantile che la segue fin da bambina. Lui vorrebbe indirizzarla ad un collega che si occupa di adulti, ma lei non si fida di nessun altro. La sua casa le somiglia, è tutta bianca, ha un arredamento moderno e minimale, e Mària la tiene meticolosamente pulita. Ha una memoria impressionante, riesce a ricordare intere conversazioni, e non sempre è un bene. E’ brutalmente sincera, ai limiti della maleducazione, cosa che certo non aiuta nei rapporti sociali, e ha grosse difficoltà nel guardare negli occhi le persone. Eppure è in grado di suscitare forti passioni, anche se non lo sa.
Leggendo la sinossi di Corpo e Anima mi aveva alquanto preoccupato – e certo non è successo solo a me – l’ambientazione del film in un mattatoio: temevo scene grandguignolesche, un qualche indugiare su inquadrature ripugnanti. La regista ci ha tenuto a precisare, nei titoli di coda come nelle interviste, che il mattatoio dove il film è stato girato è un luogo dove si cerca di ridurre al minimo la crudeltà verso gli animali. D’altronde, se vogliamo continuare a mangiare carne, non possiamo chiudere gli occhi e ignorare come quel cibo viene prodotto. Da parte dell’autrice vediamo un profondo e commovente sentimento di comprensione e rispetto, non solo verso gli esseri umani, anche verso gli animali. E a parte una scena di macellazione all’inizio – puro, impeccabile documentario – e un paio di spezzoni di pochi secondi, in cui mi sono vista costretta ad abbassare lo sguardo, le scene che potrebbero turbare lo spettatore sono ridotte al minimo indispensabile. L’ambientazione in un luogo così rude e terragno è finalizzata proprio ad evidenziare per contrasto quel doloroso corteggiamento, un germe di storia d’amore che riesce, nonostante tutto, a fiorire.
Corpo e Anima è un film affascinante nel suo costante crescendo e nei suoi tanti contrasti visivi – l’invernale, perfetto paradiso boschivo dei cervi, liberi nella natura, e l’assolato inferno in terra delle mucche sacrificate – che deve molto alla bella fotografia di Máté Herbai e all’intensa interpretazione dei due protagonisti, non così scontata. Alexandra Borbély (Mària) è infatti un’attrice bella, allegra e sensuale, specializzata in commedie e serie tv, che ha stupito tutti per l’eccellente prestazione in un ruolo così impegnativo nel suo primo film drammatico, guadagnandosi un meritatissimo EFA 2017 (European Film Award) per la Migliore Attrice. Géza Morcsányi è invece un attore del tutto esordiente: direttore di case editrici, scrittore, traduttore, commediografo e regista, conferisce all’inizialmente scorbutico Endre la giusta dose di matura dolcezza.
Emozionante, magico film, non per tutti: voto 8.
Marina Pesavento
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Casalinga per nulla disperata, ne approfitta per guardare, ascoltare, leggere, assaggiare, annusare, immergersi, partecipare, condividere. A volte lunatica, di gusti certo non facili, spesso bizzarri, quando si appassiona a qualcosa non la molla più.