Un commento a Memoria, l’emozionante retrospettiva dedicata al fotografo di guerra James Nachtwey a Palazzo Reale sino al 4 marzo 2018.
Può una foto di guerra colpire per la sua bellezza?
Ecco una di quelle domande col potere di mettere in crisi la maggior parte delle persone. L’istinto ci imporrebbe di negare con veemenza, invece, la risposta è un deciso sì, quando c’è James Nachtwey dietro l’obiettivo.
La sua passione, la sua dedizione e il suo senso di responsabilità ci hanno regalato immagini di rara perfezione, bellezza e forza. Il particolare, di non poco conto, che ci destabilizza nello scegliere l’aggettivo “bello” per definire le sue opere, è che di mestiere Nachtwey fa il reporter di guerra. Ha documentato tutte le nefandezze e le ripercussioni su intere popolazioni delle menti più malate e spietate delle ultime quattro decadi e, senza ricatti, ce ne ha lasciata una delicata ma intensa memoria.
James Nachtwey
Classe 1948, Nachtwey nasce a New York, studia storia dell’arte e un giorno rimane colpito dai reportage sul Vietnam. Si rende conto che i fotografi raccontano una realtà differente da quella condivisa dai politici. Sostenuto da una tenacia e un talento senza eguali, decide quindi d’imboccare una via non semplice e da quel momento inizia a confezionare opere d’arte: le sue fotografie dal fronte.
Con una quiete nella voce in grado di affascinare chiunque, Nachtwey ci accoglie dicendo “non sono una persona di molte parole, lascio che siano le foto ad esprimersi per me.” Ha ragione. I suoi occhi scovano dettagli che altrimenti passerebbero inosservati; il suo obiettivo mette a fuoco gli orrori da un’inedita prospettiva; le storie che immortala riescono ad emettere un suono impercettibile, che s’insinua nel nostro profondo, e per giorni ci risuona dentro.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima
diceva Platone, e James Nachtwey sa come fissare un po’ di quell’anima in uno scatto. Quello scatto che una volta di fronte a noi, con gentilezza, ci strazierà il cuore.
Il suo lavoro non è provocatorio, né estremo o sensazionalistico. È l’opposto: è garbato, intelligente e attento, soprattutto scevro da qualsiasi retorica. Adora il genere umano, s’inchina e si dedica a lui e, senza mai privarlo della dignità, si tramuta in messaggero della sua sofferenza. Mostra le conseguenze della furia degli uomini, e da questo ritratto nessuno ne esce vincitore.
Nachtwey ha visto le guerre più efferate, i disastri ambientali peggiori, le piaghe e le migrazioni del nostro tempo. Ha davvero attraversato l’inferno. Dai Balcani alla Cecenia, dal Darfur al Ruanda, dall’Iraq all’Afghanistan. Era a Berlino nel 1989 e a New York l’11 settembre 2001. Non ha mancato la liberazione del Sudafrica dall’apartheid. Si trovava in Nepal, Giappone e Haiti mentre la natura si ribellava. Ha toccato con mano la povertà dell’Indonesia e quella di casa sua, i grandi Stati Uniti d’America in cui non si contano gli homeless. Non si è risparmiato neppure gli effetti della droga e delle malattie più dure e spietate.
Memoria
Alcuni di questi momenti sono oggi rappresentati in Memoria, l’esposizione ospitata sino al 4 marzo 2018 a Palazzo Reale, Milano. Si tratta di un progetto importante, studiato e meditato a lungo, addirittura posticipato di un anno pur di non dimenticare alcun dettaglio: è la più grande retrospettiva mai concepita sulla sua carriera.
Ci viene proposta una selezione di ben 200 immagini, divise in 17 sezioni, che sprigionano tutta la loro potenza grazie ad un allestimento intimo ed essenziale. Di stanza in stanza veniamo, infatti, travolti dalle emozioni sino a rimanere silenziosamente in ascolto. Ogni foto ci porta dall’altra parte e talvolta ci pare di udire la voce di chi piange o il rumore di un’esplosione.
A tratti ci sentiamo piccoli e inadeguati, ma più tempo trascorriamo immersi in tanta perfezione, fatta di dolore e dolcezza, più ci accorgiamo di quanto Nachtwey sia riuscito nel suo intento: la sua memoria ora è anche la nostra e, per qualche attimo, possiamo tornare a credere nei nostri simili e sperare che certi errori non si ripetano in futuro.
Dopo Milano, Memoria si sposterà a Parigi, inizio di un tour che raggiungerà diversi continenti. È una mostra necessaria, da difendere e condividere. È unica come il suo autore che, non a caso, è universalmente considerato l’erede di Robert Capa. È un’esperienza da non perdere.
Vissia Menza
INFORMAZIONI UTILI
James Nachtwey. Memoria
Dal 1 dicembre 2017 al 4 marzo 2018
Palazzo Reale, piazza Duomo 12, Milano
Orari: lunedì 14.30 – 19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30; giovedì e sabato: 9.30 – 22.30. Nota: La biglietteria chiude un’ora prima
Sito ufficiale: www.palazzoreale.it
L’esposizione è accompagnata da un libro-catalogo pubblicato da Contrasto e Giunti
Alcuni momenti della conferenza stampa milanese di James Nachtwey Memoria © Paolo Vezzoli
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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