Recensione del film Il Culto di Chucky, l’horror di Don Mancini in home video dal 15 novembre 2017.

la cover del DVD del film Il Culto di Chucky

la cover del DVD del film Il Culto di Chucky

“Lui torna sempre”, dice la giovane Nica (Fiona Dourif) agli altri pazienti dell’ospedale psichiatrico in cui è stata internata. Si riferisce a Chucky, anche noto come la Bambola Assassina, che a partire dall’omonimo film del 1988 (diretto da Tom Holland) viene posseduta dallo spirito del criminale Charles Lee Ray (Brad Dourif) e miete vittime.

Nica si trova lì come unica superstite e presunta colpevole dell’ultima strage di Chucky, quella raccontata quattro anni fa nel precedente La Maledizione Di Chucky; ma nemmeno le algide pareti dell’istituto riesco a scacciare i demoni radicati nella mente di Nica, anche perché sembra che il “Good Guy” abbia trovato il modo di raggiungerla anche lì.
Nel frattempo altrove, l’altro celebre sopravvissuto Andy cerca di affrontare la sua nemesi e le conseguenze di quello che è ormai diventato il pericolosissimo Culto di Chucky.

Il settimo film della saga della bambola assassina è uno di quegli horror fuori dal tempo, semplice e rassicurante come solo uno di quei sequel di fine anni ottanta sa essere, generoso in sangue e risate, infarcito di gustosa e sguaiata ironia autoreferenziale.
La giusta chiave di lettura de Il Culto di Chucky è infatti insita nel titolo, perché il film diretto da Don Mancini (sua, a tutti gli effetti, la paternità del franchise) è diretto proprio agli aficionados, i seguaci e i cultori della materia.

Chucky li omaggia di un racconto che riflette con leggerezza su se stesso e che, come fece il controverso Venerdì 13 parte V (1985), fa gioco di rimbalzo fra la tangibile presenza del mostro e il suo aleggiare nelle menti e nelle psicosi dei superstiti.
L’esangue protagonista, figlia di Dourif che dà voce e malvagità a Chucky, è una brava figlia d’arte; ma è quell’Andy perseguitato e attratto dalla bambola fin dal primo film a regalare il più affascinante ritratto di sindrome da stress post-traumatico.

In aggiunta alla spensieratezza dell’horror da popcorn, Il Culto di Chucky riesce anche a fare un pizzico di spavento: tra trattamenti d’urto e ambiguità terapeutica, i pluralismi e le incursioni in animatronic di Chucky sembrano il male minore di un ospedale candido fuori e torvo dentro.
Il fondo di inquietudine c’è, nel bianco totale degli sfondi, della location e della neve il sangue e le scariche splatter risaltano. C’è anche l’atavico timore, presente fin dagli esordi, di un oggetto fanciullesco e benevolo, soprattutto inanimato, che si muove, che sbatte gli occhi e assume il proverbiale ghigno diventando minaccia.
Il ritorno di Chucky è così (auto)celebrativo e feticista che non possono non tornare Tiffany (Jennifer Tilly) e qualche altra vecchia conoscenza. Perciò, attendete la scena alla fine dei titoli di coda, che in qualche modo ci riconferma il dogma definitivo: per fortuna, certi cine-incubi non finiranno mai.

un’immagine del film Il Culto di Chucky - Photo: courtesy of Universal Pictures Home Entertainment Italia

un’immagine del film Il Culto di Chucky – Photo: courtesy of Universal Pictures Home Entertainment Italia

Per alimentare ulteriormente il culto, il dvd Universal regala ottimi extra.

Si parte dalle scene tagliate, che con (o senza) il commento del regista Don Mancini recuperano oltre cinque minuti di footage inedito; lo speciale “Dentro La Follia de Il Culto Di Chucky” raccoglie testimonianze e impressioni di cast e crew, visibilmente divertiti dal set e dall’ennesima resurrezione di Chucky, mentre la featurette “La Casa Della Bambola” è dedicata all’esperto di effetti speciali e burattinaio Tony Gardner, al regista Don Mancini e a Brad Dourif, tre affezionati denominatori comuni dei capitoli della serie.
Anche “Le Incarnazioni Di Chucky” ripercorre il cammino della saga, curiosando le tecniche e i talenti che le permettono, da oltre trent’anni, di “animare” la bambola più famosa del cinema horror.

Voto: 6,5/10

Luca Zanovello