è giovedì, mi sveglio e il mio primo pensiero va al cineforum di questa sera, mi aspetta il film L’altro volto della speranza, un capolavoro garantito del regista finlandese Aki Kaurismaki, non può essere altrimenti, avvio il conto alla rovescia e mi auguro che la giornata trascorra velocemente, ci siamo, mi vesto elegante, l’appuntamento è importante
arrivo al cinema, i visi profondi della locandina mi ricordano che sarà una serata impegnativa, ma già lo so, mi siedo e subito ci immergiamo tutti in un’altra dimensione trascinati dalla potenza di una mente non allineata
come ti adoro Aki
con i guadagni di una vincita Wikström rileva un ristorante e i suoi tre dipendenti e dopo varie vicissitudini assume proprio Khaled che vistosi negato l’asilo politico è sfuggito alla condanna di rimpatrio perché vuole ritrovare la sorella Miriam di cui ha perso le tracce nella via di fuga
veniamo catapultati con delicatezza in una storia di emarginazioni, la narrazione è singolare e immediatamente riconducibile all’unicità del regista che ci accompagna con dolcezza in ambiti sconosciuti altrimenti irraggiungibili, siamo tutti in attento ascolto, non ci si può distrarre nemmeno un attimo con Kaurismäki
grazie per la fiducia accordataci
Wikström, un Sakari Kuosmanen al meglio di sé, lascia la moglie e il lavoro per rifarsi una vita, esce di casa solamente con una valigia ma con tutto se stesso, nel tragitto verso una nuova realtà incrocia lo sguardo di Khaled, un rifugiato siriano giunto clandestinamente a Helsinki su una carboniera, una nuova esistenza attende anche lui, il pubblico in sala sa che si rincontreranno
le cose non succedono mai per caso
come in tutti i suoi film le problematiche individuali diventano collettive e stasera è Khaled a rappresentare tutti gli immigrati clandestini in fuga dalla guerra, ah quante fughe in questo film, prima un marito deluso che abbandona il tetto coniugale, poi una ricca signora in partenza per Città del Messico, terra promessa del divertimento e dell’evasione e ora Khaled e sua sorella Miriam, ognuno alle prese con un nuovo futuro da costruire
e come si capiscono tra loro
le ambientazioni sono modeste, gli arredi semplici, le case semi spoglie o luoghi precari, dietro ai cassonetti della spazzatura, in uno squallido garage, in un anonimo palazzo, ambienti scarnificati in città da immaginare, i visi severi e glaciali, i dialoghi surreali e imprevedibili, le strade deserte rallegrate qua e là da colorati cantanti di strada, le sorprese sono tante e noi lì sempre pronti ad accoglierle con entusiasmo stupiti e grati di perlustrare sentieri inattesi
mi guardo intorno per accertarmi d’essere dove sono
sì, sono ancora qui tra un pubblico attento visibilmente arricchito da ogni singola immagine e da ogni singola parola, un pubblico che risponde con intensità all’umorismo irreale che patina la pellicola e, seppure nel dramma, ci fa sorridere
come tutti gli emarginati del film ci alleiamo e ci sentiamo più forti nella lotta contro il razzismo
Elisa Bollazzi
n.d.r. il film L’altro volto della speranza è in home video su Amazon.it dal 9 novembre. Per leggere la recensione un clic qui
Artista e scrittrice si diletta a trasformare in un flusso di parole la sua vita itinerante da una galleria a un museo da una sala cinematografica a un teatro da un incontro con l’autore a una biennale.
Inizia a scrivere a sei anni sotto l’amorevole guida dell’adorata maestra Luigia. Dapprima le vocali: 40 a 40 e 40 i 40 o 40 u in seguito le consonanti, 40 per ognuna e quindi tutte in fila. Di lì a poco vocali e consonanti abbracciate in mille modi all’apparenza indecifrabili: ab ac al am an ao ar as at au av az Ba bo bu Ca cc ci cr cu Da du Aa dd nn pp ss vv zz, inspiegabili suoni che d’un tratto trovano un senso e come d’incanto si trasformano in parole e pensieri. Elisa sa guardare, ascoltare, pensare e ora anche scrivere: il gioco é fatto!
Dal 1990 si dedica con devozione al suo Museo Microcollection
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