è giovedì e Isabelle Huppert, la grande attrice minuta e carismatica, mi attrae al cineforum con forza, la ammiro sulla locandina e mi affretto in sala per gustarmela sul grande schermo in Le cose che verranno di Mia Hansen-Løve, giovane acclamata regista francese vincitrice dell’Orso d’Argento al Festival di Berlino del 2016 per la miglior regia di questo film
una promessa insomma
le luci si offuscano, entra in scena il buio e lo sguardo si allarga su un oceano sconfinato, eccola, statuaria come sempre fin dalle prime immagini, Isabelle nei panni di Nathalie, in gita al mare con marito e due figli piccoli, una famiglia come tante in vacanza nel nord della Francia, quando d’improvviso, con un balzo nel tempo la ritroviamo a Parigi, più matura, insegnante di filosofia, sposata, i due figli cresciuti e ormai fuori casa
la sua routine quotidiana ci sfila davanti con lentezza, l’insegnamento al liceo, la casa, gli incontri con l’editore, una mamma dalla mente fragile, un marito intellettuale, una bella casa sempre in ordine, un’amicizia con un ex studente avvenente, due figli silenziosi, un gatto, c’è tutto e gli ingredienti sono di qualità, eppure manca qualcosa, che sia la passione
non so ancora
cerco quel qualcosa ovunque, allerto le orecchie e le indirizzo dapprima sulla colonna sonora, poi sui dialoghi e i rumori di sottofondo, simultaneamente gli occhi si dedicano ai colori, alle inquadrature e alle scenografie, è tutto perfetto, è innegabile, anzi troppo perfetto, mi sorge il dubbio che ci sia una cortina divisoria tra lo schermo e il pubblico, devo assolutamente trovarla e aprirla, voglio entrare nella storia con tutta me stessa, la cerco con attenzione invano e all’improvviso sento l’angoscia attanagliarmi il corpo e la mente, mi sento costretta lì in quella comoda poltrona, sopraffatta da una rigidità fastidiosa, vorrei poter cambiare marcia, accelerare e in un battibaleno dare una svolta alla storia, per favore, Isabelle, tu che sei tanto brava, mettici del tuo, dacci una mano
mi guardo intorno sfiduciata e con stupore mi ritrovo circondata da visi incollati allo schermo, allungo lo sguardo più in là e noto qualcuno con gli occhi chiusi, altri alle prese con il cellulare, assonnati e distratti, mi sento meno sola nel mio smarrimento, racimolo il poco entusiasmo rimasto e mi rituffo nella trama
lo faccio per te, Isabelle
ma il mio povero cuore pronto a sobbalzare e scalpitare si raggela e soffre, che tristezza
una serie di eventi inattesi e spiacevoli aprono uno spiraglio, la madre viene a mancare, il marito la lascia per un’altra donna e Nathalie si ritrova sola a doversi reinventare una nuova vita, altre occasioni perse per infiammare gli animi
disillusa mi rannicchio su me stessa e mi dedico ai miei pensieri quando d’un tratto molteplici risatine e mugolii di apprezzamento di un pubblico entusiasta risvegliano il mio interesse, sollevo lo sguardo e cosa vedo, un grosso gatto sornione in primo piano
la ciliegina sulla torta
Elisa Bollazzi
n.d.r. un clic qui per leggere la recensione del film Le cose che verranno (L’Avenir) dalla Berlinale. Su Amazon trovate il DVD in versione originale
Artista e scrittrice si diletta a trasformare in un flusso di parole la sua vita itinerante da una galleria a un museo da una sala cinematografica a un teatro da un incontro con l’autore a una biennale.
Inizia a scrivere a sei anni sotto l’amorevole guida dell’adorata maestra Luigia. Dapprima le vocali: 40 a 40 e 40 i 40 o 40 u in seguito le consonanti, 40 per ognuna e quindi tutte in fila. Di lì a poco vocali e consonanti abbracciate in mille modi all’apparenza indecifrabili: ab ac al am an ao ar as at au av az Ba bo bu Ca cc ci cr cu Da du Aa dd nn pp ss vv zz, inspiegabili suoni che d’un tratto trovano un senso e come d’incanto si trasformano in parole e pensieri. Elisa sa guardare, ascoltare, pensare e ora anche scrivere: il gioco é fatto!
Dal 1990 si dedica con devozione al suo Museo Microcollection