Richard Gere è Norman nella storia dell’ascesa e della caduta di un faccendiere di New York

Recensione del film L’INCREDIBILE VITA DI NORMAN di Joseph Cedar, al cinema dal 28 settembre 2017.

Il poster de L’INCREDIBILE VITA DI NORMAN

Lui è Norman Oppenheimer, e a New York conosce tutti quelli che contano. In tanti, nei piani bassi degli affari e della politica, hanno avuto a che fare con lui, e hanno ben presenti il suo viso sempre sorridente di 65enne ancora in forma, i fini capelli bianchi e le orecchie a sventola, l’inappuntabile cappotto di cammello; e soprattutto, dietro la facciata di perenne cortesia, una petulante e caparbia invadenza spesso al limite dell’irritante.
Però nessuno sa niente di lui, nemmeno dove si trovino gli uffici della Oppenheimer Strategies, al cui telefono risponde ad ogni ora del giorno e della notte, sempre a disposizione per un consiglio, un contatto, un favore, una raccomandazione. Ma in fondo a chi importa, Norman Oppenheimer non è che una delle tante utili rotelle dell’immensa e oliatissima macchina che fa funzionare la capitale del mondo.

Michael Sheen e Richard Gere in L’INCREDIBILE VITA DI NORMAN
Photo: courtesy of Lucky Red

In realtà Norman non è che un modesto faccendiere: tutta la sua vita e la sua attività si reggono su di una rete di amicizie millantate e mezze verità, su informazioni orecchiate o carpite – con quella sua aria innocua – che poi gonfia o piega a suo piacere; ed è così abile da riuscire sempre a rimanere miracolosamente in bilico sull’orlo dell’illegalità, senza mai caderci.
E poi, se qualcosa dovesse un giorno andare storto, lui sarebbe del tutto irreperibile: nessuno sa dove abita, e tutto il suo ufficio consiste in una nutritissima rubrica in continuo, minuzioso aggiornamento e in un cellulare da cui instancabilmente telefona da caffetterie, panchine del parco, sale d’aspetto (di stazioni, ospedali, camerini di grandi magazzini).

Richard Gere e Lior Ashkenazi in L’INCREDIBILE VITA DI NORMAN
Photo: courtesy of Lucky Red

Un giorno riconosce per strada un politico israeliano, in città per una seduta dell’Onu, e decide di seguirlo. Lo vede “sbavare “ davanti ad una vetrina di abiti di lusso e coglie l’occasione, come se puntasse su un cavallo. Dopo una breve ma densa conversazione, in cui si presenta come membro di un fantomatico gruppo di Amici di Israele, gli offre un paio di costosissime scarpe. E l’uomo, dopo qualche tentennamento, accetta.
Passa qualche anno e il giovane rampante è diventato Primo Ministro di Israele. Quando arriva in visita ufficiale a New York Norman fa di tutto per partecipare al ricevimento in suo onore: e qui il Ministro lo riconosce, lo abbraccia, davanti ai potenti lo chiama “amico”. Da quel giorno la vita di Norman cambia, niente più affarucci di piccolo cabotaggio, è entrato nel “giro grosso”. Ma per lui è davvero troppo grosso, e l’ingranaggio finisce per schiacciarlo.

Dan Stevens, Harris Yulin e Steve Buscemi in L’INCREDIBILE VITA DI NORMAN
Photo: courtesy of Lucky Red

Il titolo originale di questo film è NORMAN: THE MODERATE RISE AND TRAGIC FALL OF A NEW YORK FIXER, ovvero La moderata ascesa e la tragica caduta di un faccendiere di New York. E’ la storia di un piccolo uomo che conosce tutti ma che nessuno conosce. A qualcuno ha accennato casualmente ad una moglie morta molti anni prima, che avrebbe fatto la bambinaia per una persona famosa, e a una figlia che ha allevato tutto da solo e che ora, con suo grande orgoglio, si sta facendo strada all’università; e questo lo rende immediatamente simpatico. Ma queste notizie sono reali o fanno anch’esse parte di un’ennesima, complessa mistificazione?
Eppure, nonostante tutto, in Norman non c’è un briciolo di malizia; è diventato famoso e rispettato per un equivoco, ma è semplicemente un uomo molto solo, in cerca dell’altrui approvazione. A chi gli chiede che mestiere faccia risponde: “Se le serve qualcosa, io gliela trovo.” A spingerlo non è la fame di denaro o di potere, la sua corsa continua a soddisfare i bisogni degli altri ha l’unico scopo di conquistare un giorno il posto che gli spetta nel mondo, il riconoscimento che sente di meritare.

Richard Gere in L’INCREDIBILE VITA DI NORMAN
Photo: courtesy of Lucky Red

Per dare credibilità al protagonista assoluto di questa commedia tragica ci voleva un grande attore: lo sceneggiatore e regista Joseph Cedar, israeliano di origine newyorkese, lo ha trovato in un immenso Richard Gere, che ci regala una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Ha un ruolo molto diverso da quelli a cui siamo abituati e ha lavorato molto sul linguaggio del corpo del goffo e un po’ curvo Norman, sul suo apparire così anonimo e perennemente fuori posto, in contrasto con il suo desiderio di emergere.

Accanto a lui tanti altri grandi attori, indispensabili per dare corpo a personaggi sennò pericolosamente vicini al grottesco: Michael Sheen è l’avvocato Philip, amato nipote di Norman, fidanzato con una coreana che non ha nessuna intenzione di convertirsi all’ebraismo; per cui per il matrimonio occorre una buona parola da parte di Rabbi Blumenthal/ Steve Buscemi, la cui sinagoga sta per essere sfrattata e per comprarla servono tantissimi soldi; che potrebbero essere donati, su consiglio del suo portaborse Dan Stevens, dal finanziere d’assalto Wilf/ Harris Yulin, in cambio di un buona parola per certi suoi affari al Primo Ministro/ Lior Ashkenazi; sul quale vigila l’agente israeliana dell’anti-corruzione Charlotte Gainsbourg.
Un girotondo vorticoso che travolge il povero Norman e che, come italiana, ho sentito “stranamente” vicino alla mia realtà contemporanea.

Marina Pesavento

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