Recensione del film Una Famiglia, il dramma con protagonista Micaela Ramazzotti al cinema dal 28 settembre 2017.
Nietzsche disse una volta che la gravidanza è la soluzione di tutti gli enigmi insiti nella donna.
Se così fosse, si spiegherebbe l’indissolubile infelicità di Maria (Micaela Ramazzotti), schiava semi-volontaria del rude Vincenzo (Patrick Bruel). La loro relazione cela un marcescente business di vendita di neonati, concepiti dalla donna e, alla nascita, venduti con l’aiuto di un medico corrotto a coppie infertili o omosessuali.
La disumana routine logora e sfibra Maria, intenzionata da un lato a porre fine agli abusi, dall’altro ad avere un bambino tutto suo. Ma l’attività criminale, impostata in una Roma periferica, ha ormai sviluppato tentacoli troppo lunghi, portando con sé non solo degrado, ma anche abbienti e disperati nemici pronti a tutto per avere ciò che gli è stato promesso…
Una Famiglia, seconda regia del catanese Sebastiano Riso, approda a Venezia 74 portando con sé una storia dura e dolorosa, quella di una “fabbricabambini” costretta (e/o convinta) a svendere nel peggior modo immaginabile la propria identità femminile e materna, per giunta dallo stesso compagno.
Spaccato “ispirato a storie vere” che ritrae un’invisibile e poco conosciuta, quanto mai estrema, deriva del cosa non si fa pe’ campa’, il film di Riso è almeno nelle premesse una sorpresa che dribbla abilmente pietismi e mezzi-crudismi e declina i fatti nel modo in cui devono essere raccontati: con una cupezza palpabile, senza guizzi di speranza, ed una natura umana dipinta di un nero disperato.
Il dramma è realistico, le morali sulla vita e sul darla abilmente evitate.
Superando la facciata consistente nel buon soggetto – di Riso, Andrea Cedrola e Stefano Grasso – Una Famiglia inizia tuttavia un sorprendente (ma non inspiegabile) caso di sgretolamento; emergono infatti scena dopo scena quelle magagne tanto care alla “new wave” del cinema italiano, in primis dei dialoghi superficiali e goffi che penalizzano sequenze forti e attori di spessore, come ad esempio l’incolpevole Bruel.
E a proposito di cast, è impossibile omettere (o assolvere) la protagonista femminile: Una Famiglia è un film Ramazzotti-centrico e, considerando la persistente immaturità artistica della sig.ra Virzì, l’effetto è un po’ quello di mettere me al centro del gioco del Barcellona: la manovra si intasa e il pallone inizia a rotolare in disordine, così come si accatastano gli intenti del film, che fra luci (la giovane leva) e ombre (la stereotipia omosessuale) accompagnano il progressivo cedimento e deperimento di Maria.
E’ innegabile però che Maria, nella disperata vertigine di sfruttamento e solitudine, abbia una sua certa poesia, per merito ancora una volta del già citato taglio “tranchant” scelto da Riso: è questo il fattore che si impone agli occhi, e che impone un pizzico di magnanimità nel soppesare le pecche.
Una Famiglia è un’occasione perlopiù mancata, sbilenca per lunghi tratti, ma in qualche modo originale e sincera con se stessa e la platea. Una visione non nuoce.
Luca Zanovello
Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole
Leave a Comment