La verità è che sono rimasta delusa. Sarà stata l’aspettativa alta, sarà stato il fatto che era tantissimo tempo che programmavo di andarci e continuavo a rimandare.
Ma la verità resta questa: delusione.
Oggi il museo occupa tre edifici: il Cubo, le Navate, che oggi ospitano stabilmente i Sette Palazzi Celesti di Kiefer, e lo Shed, appunto, che ospita le mostre temporanee; nel giardino è esposta, inoltre, La Sequenza di Fausto Melotti.
Interessante. Ma da questo momento della visita cominciano gli aspetti negativi. Varcato l’ingresso, vengo accolta da una gentile ragazza che mi informa che oggi – ma era segnalato anche sul sito del museo – l’unica sezione visitabile è la mostra temporanea. Peccato, un gran peccato, ma capita. In secondo luogo mi lascia un breve libretto informativo – con tanto di schema delle opere – sulla mostra che mi accingo a visitare, spiegandomi che all’interno dello spazio espositivo non ci sono indicazioni né didascalie.
Da ciò che ho letto prima di entrare, e lo sottolineo perché una volta dentro al capannone è talmente buio che qualsiasi depliant esplicativo è del tutto inutilizzabile, si tratta di 14 opere realizzate dal 2009 a oggi, tra film in 35 e 16mm, interventi site specific e sculture cinetiche. Anche la mappa che avrebbe dovuto guidarmi nella comprensione delle opere risulta obsoleta e quindi mi ritrovo abbandonata a me stessa, persa nel ronzio buio dell’ambiente.
Ricordo ciò che ho letto sull’artista. “Ritengo che la realtà sia un’invenzione, generata dall’interpretazione individuale di eventi reali” spiega Rosa Barba. L’idea è quella di utilizzare i mezzi cinematografici non solo per proiettare film, ma anche come elementi compositivi di sculture cinetiche in cui proiettori, bobine e luci colorate rendano protagonista la nozione di ritmo e movimento. Un tipo di arte decisamente concettuale in cui argomento centrale, in questo caso, è la memoria. “Attraverso i miei film intendo esprimere l’idea che il tempo sia fatto di storie di individui e di piccole comunità e che sia un fenomeno flessibile e malleabile”.
Esco. Mi sento stanca, stufa. Non ho capito, non ho apprezzato, sono scontenta. In una parola, delusa.
E tutto quello a cui penso è che proprio un peccato.
Tornerò all’Hangar Bicocca per una prossima mostra, spero di poter visitare anche la collezione permanente e di ricredermi. Per adesso fuggo all’aria aperta, verso quella luce grigia, verso quei mattoni rossi. Ai colori vivi.
Federica Musto
INFORMAZIONI UTILI
Rosa Barba
From Source to Poem to Rhythm to reader
Pirelli Hangar Bicocca
Fino a domenica 8 ottobre 2017
Per approfondimenti www.hangarbicocca.org
La più giovane del gruppo, blogger appassionata d’arte (suo è il sito A Spasso con Apollo e Dionisio), instancabile frequentatrice di gallerie e musei. Aspirante giornalista culturale, il suo stile fresco e sincero vi spingerà a scoprire più di una mostra.
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