Recensione di Atomica Bionda, il nuovo film con Charlize Theron in anteprima a Locarno 70 e al cinema dal 17 agosto 2017.
Nella Berlino degli anni ottanta, spaccata dalla cortina di ferro e dai 3,6 metri d’altezza del muro, un agente dell’MI6 (l’agenzia di spionaggio britannica) viene brutalmente assassinato senza ragione apparente.
L’agente Lorraine Broughton (Charlize Theron) viene spedita nella città tedesca per indagare sui fatti e, già che c’è, per recuperare una preziosissima “lista” contenente i nomi di colleghi doppiogiochisti.
Qui Lorraine, bellissima, biondissima e letale in ogni variante di combattimento, incontrerà il suo bizzarro informatore Percival (James McAvoy), esperto di Berlino e dei suoi più profondi meandri. La strana alleanza cercherà di fare chiarezza sulle vicende, mentre nei bui anfratti della metropoli si muovono gli interessi torbidi di piccole e grandi Guerre Fredde.
E per una Berlino così graffiante, libertina e sexy, corrosa da suoni e mode punk ed elettroniche, non c’è migliore “infiltrata” di una mozzafiato Atomica Bionda.
Adattando per il grande schermo la graphic novel “The Coldest City” (il riferimento è alla Berlino gelida nel clima e nei modi), il regista David Leitch prova a convertire al femminile la formula di successo inventata e co-diretta nel recente cult d’azione John Wick.
L’Atomica Bionda non può che essere lei, la statuaria Charlize Theron (che ne è anche produttrice) e il suo torrido algore, catapultata in una “sin city” ghermita dall’ultimo grande crocevia storico del secolo scorso, dove intrighi governativi, esplosioni artistiche e botte da orbi diventano un unisono.
Ma il film di Leitch, nonostante una cornice ambientale vivida e fascinosa, è una cartolina che ha sul retro una dedica prolissa e confusa, poco personale, con l’indirizzo scritto male e storto, che si perderà presto in un remoto ufficio postale.
Colpa di una sceneggiatura che non ha mai deciso che direzione prendere e cambia registro più volte nelle eccessive due ore di cui è composta: noir, spy story, azione, fumetto, di tutto un po’, senza soluzione di continuità.
Come se non bastasse, la bionda Lorraine non ha il carisma di un John Wick picchiatutti ed evita gli stunt, risolve la missione primaria grazie all’eccessivo e macchiettistico McAvoy ma non quella di diventare figura cult. In effetti non ha le carte in regola per meritarsi un seguito, sia esso di pubblico o di capitoli.
Per tappare le falle, Atomica Bionda ci prova con un sempre gradito greatest hits di rock ed elettronica direttamente dal glorioso 1985, una regia sopra le righe e una sentita (ma fuori contesto) citazione Tarkovskijiana.
Ma è un diversivo, come quando un ristorante ha belle sedie, centrotavola eleganti, camerieri gentili… e le pietanze non sanno di niente: qualcosa non va, la riprova è la fatica nell’arrivare in fondo ad un film per (auto)definizione “caciarone”.
Atomica Bionda divaga, si prende a volte sul serio e poi ritratta tutto, dà assaggi di asprezza (la scena del pestaggio con lo skateboard, apprezzata) ma sdrammatizza senza brillantezza.
Anche gli illustri comprimari (John Goodman, Toby Jones, Bill Skarsgård) strascicano un po’ i piedi, attendendo come molti la scontata – e forse contrattuale – lesbo-story tra la protagonista e una sparring partner (Sofia Boutella).
Della serie: ridateci Keanu.
Voto: 5/10
Luca Zanovello
ndr nel nostro diario dal Locarno Festival 2017 trovate tutte le altre recensioni dei film visti
Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole
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