A Conversation with… Adrien Brody

Adrien Brody incontra il pubblico del Locarno Festival: 5 cose che non sapevamo di lui (e dei suoi film).

Adrien Brody a Locarno 70 © Tosi Photography

È stato un soldato, un fotografo, un insegnate e pure Salvador Dalì, ieri il pubblico di Locarno 2017 ha incontrato il premio Oscar® Adrien Brody per un’oretta durante la quale si è ripercorsa la sua carriera, lunga ben tre decadi (ebbe il suo primo ruolo in un lungometraggio per la TV all’età di 12 anni). Non sono mancate le sorprese. Abbiamo deciso di focalizzare su 5 cose che forse non conoscete di lui. Fil rouge, ovviamente, sono i suoi film (tranne l’ultimo).

1. KING OF THE HILL: il primo ruolo importante. 

Molti sono portati a credere che la sua vita da attore abbia preso il via a 19 anni con la partecipazione a King of the Hill (Piccolo, grande Aaron, in Italia) di Steven Soderberg. Nonostante grazie a questo progetto, il suo nome sia entrato nel circuito dei grandi, di fatto bisogna tornare indietro di ben 7 anni per scovare la pellicola in cui mosse i primi passi.

2. IL PIANISTA: l’occasione di una vita. 

Grazie a questo ruolo è stato tra i più giovani interpreti a vincere il premio Oscar®: aveva 27 anni. La storia, le sensazioni, la regia e la durata di lavorazione sono stati tutti fonte di enorme pressione ma anche quelli che gli hanno donato un forza che ancora oggi lo accompagna. Per tutto il tempo (per 6 mesi, 16 ore al giorno, 6 giorni alla settimana) ha avvertito la responsabilità nei confronti del film e della memoria dei sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale. La parte più difficile però, a fine giornata, non era la fame, il disagio o il dolore fisico, ma i risvolti psicologici della situazione. Quelli ti accompagnano per sempre, motivo per cui crede che Roman Polanski sia riuscito a trasformare la sua esperienza dolorosa in un’opera d’arte.

Adrien Brody a Locarno 70 © Tosi Photography

3. SUMMER OF SAM: una carriera da musicista.

Se ne Il Pianista, Brody ha dovuto cimentarsi col pentagramma e imparare a suonare interi brani di Chopin, nel dramma del 1999 diretto da Spike Lee si è dovuto trasformare in un punk rocker. S.O.S. Summer of Sam – Panico a New York (questo il titolo dalle nostre parti), il primo film di Lee che non trattasse dei disagi della comunità afroamericana, l’ha portato a suonare dei pezzi all’interno del famoso locale Newyorkese CBGB e un ragazzo, ascoltandolo gli ha chiesto dove potesse acquistare i suoi pezzi. Insomma, pare avere tutte le carte in regola per cambiare mestiere. Non c’è però da stupirsi, l’attore è cresciuto, infatti, in una famglia in cui si respirava arte,  la madre è fotografa e lui oggi dipinge.

4. IL TRENO PER IL DARJEELING e THE GRAND BUDAPEST HOTEL: l’universo Anderson.

Wes Anderson lascia il segno non solo nel pubblico. I suoi colorati, divertenti, bizzarri (per alcuni) film non vengono dimenticati neppure da chi vi lavora. Il merito, in questo caso, è di essere stato uno dei primi registi che gli ha permesso di essere divertente. Prima della loro collaborazione, Brody era percepito come attore drammatico, molto impegnato, in grado di interpretare personaggi estremamente tragici e complessi ma (probabilmente) non di ridere. L’incontro con Anderson è stato quindi molto liberatorio e noi tutti lo ricordiamo bene in The Grand Budapest Hotel!

5. IL PADRINO PARTE II: #MovieOfMyLife

In chiusura anche lui si è prestato a raccontare quale sia stata la pellicola che ha lasciato un segno indelebile nella sua memoria, in veste di spettatore. Si tratta del capolavoro di Francis Ford Coppola del 1974, vincitore di tre Academy Awards, definito da Brody come “incredibile combinazione di geniale filmmaking ed eccezionale recitazione”.

Chiudiamo con qualche scatto della Conversation di venerdì 5 agosto © Tosi Photography. Un clic per lo slideshow, due clic per ingrandire. 

Vissia Menza

 

 

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