Un commento approfondito a Spider-Man: Homecoming, il nuovo cinecomic dedicato all’Uomo Ragno al cinema dal 6 luglio 2017.
Arriva al cinema il nuovo cinecomic su Spider-Man, l’eroe inventato da Stan Lee e Steve Ditko nel 1962.
Si tratta della terza recente incarnazione cinematografica del personaggio, in realtà già visto al cinema e in TV in live action negli anni ’70.
Questa versione rispetto alle altre ha la particolarità di reintrodurre Peter Parker (questo il vero nome dell’uomo anzi del ragazzo che si nasconde dietro la maschera di Spider-Man) nell’ambito nativo del Marvel Universe, anzi dandocene la versione definitiva del Marvel Cinematic Universe, il progetto del Presidente dei Marvel Studios Kevin Feige.
Spider-Man: La genesi di un eroe
Spider-Man arrivò nelle edicole statunitensi nel 1962, nel numero 15 della testata Amazing Fantasy perché la Marvel non aveva nulla da perdere. La testata antologica, che in realtà si chiamava Amazing Adult Fantasy, doveva chiudere, pertanto venne fatto debuttare un personaggio che per l’epoca era assolutamente a rischio.
Peter Parker era infatti un quindicenne, un nerd liceale quando esserlo non significava essere “cool” ma solo intelligenti ma sfigati. All’epoca i personaggi adolescenti erano solo spalle degli eroi principali, come Robin per Batman. Superboy era solo la versione di età ridotta del futuro Superman, non faceva testo.
Peter Parker rappresentava invece il ragazzo meno che comune e fuori dal comune allo stesso tempo. Perseguitato dal bulletto Flash Thompson, deriso dalla più bella della scuola Liz Allen, ottiene dei superpoteri in maniera un po’ ingenua oggi, ma attuale all’epoca, quando non si conoscevano le conseguenze delle radiazioni. Morso infatti da un ragno radioattivo, assume la forza proporzionale di un ragno, un’estrema agilità e una sorta di potere paranormale premonitorio dei pericoli, chiamato con molte forzature “senso di ragno”. La sua intelligenza sopra la media gli consente inoltre di costruirsi la ragnatela da solo, sviluppando un adesivo potentissimo che però si dissolve dopo poche ore. Ma i nuovi poteri non gli cambiano la vita in modo positivo. Il dettame di Stan Lee era “supereroi con superproblemi”. Ben, lo zio di Peter, viene ucciso da un rapinatore che il ragazzo, compiendo un tragico errore di valutazione, si era lasciato sfuggire.
Il successo fu immediato. Il pubblico amò quel personaggio così vicino alle persone comuni, e questo permise a Stan Lee di espandere la sua idea in una testata regolare.
Da quel momento, memore delle parole dello zio che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, Peter lotterà contro il crimine senza sosta, a rischio della sua vita privata, dei suoi studi e del lavoro. Un personaggio che non potrà non accattivarsi la simpatia del pubblico proprio perché, a differenza di Clark Kent e Bruce Wayne, uomini di successo nella vita, Peter Parker ha mille problemi economici, deve studiare prima per il diploma e poi per l’università, aiutare la zia vedova May a tirare avanti, cercare di tenere in piedi la sua vita privata, con i grandi amori Gwen e Mary Jane che spiccano sui tanti flirt della sua educazione sentimentale. E tutto questo, sempre a differenza degli eroi citati, senza essere per lungo tempo l’idolo delle folle, anzi odiato e temuto grazie a una campagna denigratoria voluta dal direttore del quotidiano Daily Bugle, accusato per lungo tempo di delitti mai commessi e pertanto persino ricercato dalla polizia.
Il successo di Spider-Man, con varie oscillazioni, è durato nel tempo, con versioni diverse dello stesso personaggio. Peter Parker si è diplomato, laureato, sposato e ha avuto figli. È stato odiato ma è diventato poi popolare e amato, passando da ricercato a Vendicatore. Ha vissuto momenti esaltanti e lutti tragici di amici e familiari. Ha avuto poteri immensi ed è stato senza poteri.
Tante versioni, tante storie diverse, per un solo personaggio ormai archetipico.
Spider-Man al cinema
Trascurando per brevità i tanti adattamenti multimediali, dopo un passaggio televisivo degli anni ’70, quando la Marvel in crisi economica cedette i diritti alla Columbia per una serie low budget che deluse i fan, desiderosi di vedere il loro eroe volteggiare tra i cieli di New York, sono dovuti passare quasi venticinque anni per vedere il primo adattamento cinematografico degno di tali aspettative. Prima di Sam Raimi, regista di Spider-Man del 2001, non era riuscito a portare in porto l’impresa neanche James Cameron.
Il grande successo del primo titolo portò alla produzione di due seguiti, di grandi incassi, pur se in calando rispetto al primo.
Quando nel 2008 la Marvel iniziò con Iron Man la costruzione del suo universo cinematografico, il grande pubblico, che ormai sapeva che Spider-Man era parte di un universo più grande, attivo nei fumetti insieme agli Avengers, si chiese come mai non era inserito nel progetto.
Come addetto ai lavori ho dovuto spiegare più volte che era una questione di diritti cinematografici. I film Marvel Studios erano basati su personaggi dei quali la Marvel o era riuscita a riprendere i diritti o non li aveva mai ceduti. Quelli di Spider-Man erano saldamente in mano alla Sony (che aveva rilevato la Columbia Pictures negli anni ’80), che non aveva intenzione di cedere una potenziale fonte d’incassi.
Nel 2012, dopo aver abortito il progetto di un quarto Spider-Man diretto da Sam Raimi, la Sony infatti lancia The Amazing Spider-Man, nuovo inizio cinematografico della saga del ragno. sia questo che il seguito del 2014 The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro, delusero le aspettative di pubblico, critica sul fronte qualitativo, e degli studios, perché nonostante i discreti incassi, questi non sono mai stati superiori però a quelli di Spider-Man 3 (Fonte).
In tempi recenti è quindi riuscita la manovra di Kevin Feige per un accordo commerciale con Sony Pictures, nella persona della presidente Amy Pascal, per il quale Spider-Man entrasse a fare parte del Marvel Cinematic Universe, con film artisticamente prodotti da Marvel e coprodotti e distribuiti da Sony.
Introduzione a cura di Emanuele Manco
Spider-Man: Homecoming
Essere un adolescente è già abbastanza difficile. Se, in più, aggiungete il dover tenere nascosti a tutti i superpoteri, la vita notturna a combattere il crimine e un’identità segreta da Avengers (o quasi), avrete una vaga idea di cosa si provi a essere un giovane Spider Man di quindici anni.
Tom Holland torna nei panni del giovane Peter Parker dopo un breve assaggio dato ai fan nel terzo film dedicato a Capitan America, Civil War (2016), dove aveva militato per Iron Man (vedi immagine). Giovane e ingenuo, lo Spider Man di Holland non ha ancora ben chiaro cosa significhi farsi carico delle responsabilità dell’essere un supereroe. Né gli è ancora chiaro come unire vita privata e “lavoro” notturno a combattere il crimine.
La trama [no spoiler] di Homecoming
Peter Parker non è un quindicenne come gli altri. Vive con la zia May (Marisa Tomei), che non immagina minimamente che dietro la maschera di Spider Man si nasconda il proprio nipote, delle cui uscite notturne è al corrente ma le interpreta come cambiamenti dell’adolescenza.
Invece, Peter, dal coinvolgimento nello scontro tra Capitan America e Iron Man, dove era schierato col secondo, ha iniziato a combattere il crimine e a “fare rapporto” a Happy (Jon Favreau), capo della sicurezza di Tony Stark (Robert Downey Jr.), nella speranza di entrare nel gruppo Avengers. Mascherando il tutto come uno stage alle Stark Industries.
Diviso tra la vita scolastica, la cotta adolescenziale per la compagna di classe Liz (Laura Harrier), e la vita da supereroe, Peter dovrà affrontare il nemico più impegnativo per un adolescente: la responsabilità. E anche l’Avvoltoio (Michael Keaton), una delle nemesi storiche dell’Uomo Ragno dei fumetti Marvel.
Un film emozionante e coinvolgente
Chi non era un po’ imbranato al liceo? O non ha mai avuto una cotta per la più bella della scuola? Jon Watts, direttore di questa pellicola, ci porta nella testa di un liceale imbranato dal viso pulito e aggraziato di Tom Holland, che rende questo Peter Parker l’incarnazione perfetta dell’ingenuità. Impossibile non empatizzare con lui. Questo dà a Spider-Man: Homecoming un valore aggiunto al semplice film d’azione comico, che pur resta la linea guida del prodotto mainstream, con ottime inquadrature e un buon lavoro di grafica, dai costumi agli effetti speciali.
Inoltre, memore di una storia di cinque pellicole, Watts strizza l’occhio ai personaggi di Tobey Maguire (trilogia iniziata nel 2002, in Italia) e Andrew Garfield (due film nel 2012 e 2014) con semplici rimandi a scene tragiche o divertenti, da citazioni velate a scene ricostruite in una nuova ambientazione, come il momento tragico e toccante allo stesso tempo di Spider-Man 2 (2004) quando Peter ferma il convoglio della metropolitana che sta per schiantarsi.
Un altro piacevole rimando alla storia dell’Uomo Ragno ce lo regala il premio Oscar® Michael Giacchino, che ha curato la colonna sonora del film. Subito in apertura, ad accompagnare i titoli di testa, risuonano le note rivisitate della sigla del telefilm e serie animata.
Non è tutto qui, però. Spider-Man: Homecoming è anche un film d’azione coinvolgente e spettacolare. Battaglie aeree e terrestri, voli, balzi, armi aliene e l’Avvoltoio, antagonista di Spider Man, a cui presta il volto un eccellente Michael Keaton, che riesce quasi a nobilitare la missione del cattivo di turno. E poi la presenza di un calibro da 90 dei film Marvel dal 2008 in avanti, Robert Downey Jr., che riesce a farsi apprezzare anche quando viene inquadrato poco e nulla.
Giovane imbranato con superpoteri è sinonimo di azione e divertimento, due componenti che non mancano e rendono le poco più di due ore di pellicola scorrevoli e piacevoli, adatte a tutte le situazioni. Dai fan alle famiglie, Spider-Man si conferma un soggetto adatto a tutti.
Recensione a cura di Simone Bonaccorso