Recensione di How To Talk To Girls At Parties, il film in anteprima al festival di Cannes 2017.
Enn (Alex Sharp) è un adolescente dei sobborghi di Londra, alla ricerca disperata di una fuga dalle polveri di provincia, dalle malriuscite serate con gli inseparabili John e Vic, dalla disciplina e dalla verginità.
Una sera, seguendo i suoni distorti di un innovativo kraut-rock, Enn e amici capitano in una strana casa a Croydon, dove è in corso una festa delle più bizzarre; gli invitati non sono da meno e, tra ragazze in latex e danze futuristiche, Enn incontra la coetanea Zan (Elle Fanning), tanto bella quanto ingenua, che sembra piombata nel Regno Unito direttamente da un altro pianeta…
I “postumi” della nottata danno vita a How To Talk To Girls At Parties, quarto lungometraggio del regista ed attore texano John Cameron Mitchell (autore ed interprete della meravigliosa diva transgender Hedwig) e suo primo lavoro cinematografico dal 2007.
In soli tre film Mitchell aveva tuttavia dimostrato versatilità, sapendo passare dalla commedia musicale kitsch al dramma feroce, dall’eros autoriale alla teorizzazione LGBT con originalità, sfrontatezza ed una vena visionaria forse mai sfogata fino in fondo.
L’occasione ad hoc per rimuovere le inibizioni residue è proprio How To Talk To Girls At Parties, adattamento di una storia breve di Neil Gaiman che proietta l’eccentricità di Mitchell nella Londra degli anni 70, tra esplosione della musica punk, febbrili preparativi per il Giubileo regale e goffi svezzamenti tardo-adolescenti.
Il contesto, seducente contraddizione di tabù e edonismo, è una meraviglia, il modo in cui il regista racconta l’amore inter-planetario tra i due giovani protagonisti anche: How To Talk To Girls At Parties è il figliastro disobbediente di Rocky Horror e Siouxie Sioux, un frenetico ritratto socioculturale con la variabile impazzita costituita dal fattore alieno.
L’incontro tra la cultura terrestre e la cultura extra rivoluziona tutto, tranne gli stimoli universali: amore, primi pruriti, musica e ribellione. A farne tesoro (e le spese) lo splendido personaggio del quasi esordiente Sharp, l’ambigua innocenza della Fanning (perfetta all’uso), i loro cuori e quelli di chi guarda il film. E’ Boadicea, il personaggio di una Nicole Kidman mai così (auto)ironica, a ricondurre “locali” e “visitatori” ad un comune, sarcastico punto di contatto da cui ripartire o in cui ristagnare, svelando che il nucleo della storia non è il terrore della diversità ma il suo esatto opposto.
Ed ogni volta che la favoletta teen o il dramedy formativo rischiano di sconfinare, Mitchell è fenomenale a dare un colpetto nella direzione opposta, con selvatiche, scorrettissime trovate che davvero ricordano (citando a piene mani) la sensualità sci-fi del musical di Richard O’Brien.
How To Talk To Girls At Parties è un film che racconta il pensiero laterale attraverso una scrittura, una regia ed un montaggio lateralissimi. Scena dopo scena diventa un viaggio divertentissimo, spiazzante e stravagante che ha le stesse probabilità di superare l’antidoping che aveva Maradona negli anni ’90, ma anche lo stesso estro guizzante.
Finale di risate e magoni, con elogio della sperimentazione e delle insicurezze, perché a 17 anni anche un po’ di male fa bene.
Piccolo, irrequieto cult.
Voto:8/10
Luca Zanovello
n.d.r. di seguito il primo teaser trailer di How To Talk To Girls At Parties condiviso sui social dallo stesso Neil Gaiman
Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole
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