Recensione di SCARE CAMPAIGN, il film horror di Cameron e Colin Cairnes in home video dal 25 maggio 2017.
Scare Campaign è il nome di un programma televisivo che organizza scherzi a tema horror, sotto forma di candid camera, a inconsapevoli vittime adescate e trascinate in luoghi sinistri. Qui, un team di attori e rumoristi orchestra incubi, filmando le reazioni del malcapitato.
Negli ultimi tempi Scare Campaign ha però avuto un calo di creatività e, di conseguenza, di ascolti; così i produttori impongono al regista Marcus (Ian Meadows) un cambio di rotta, inducendolo a qualche piccolo ma sensibile cambiamento. Una location terrificante come un manicomio abbandonato, una vittima con qualche problemino comportamentale e un paio di colpi ad effetto, per rilanciare il format e innalzare l’asticella della paura via cavo.
Lo scherzo degli scherzi, però, sfugge di mano. Marcus e soci hanno scelto il bersaglio sbagliato, nel luogo sbagliato. E non ci sarà bisogno di sangue finto.
Scare Campaign, in corsivo, è invece il secondo lungometraggio degli australiani Cameron e Colin Cairnes (dopo 100 Bloody Acres, che si guadagnò l’indesiderato titolo di film più “piratato” dell’anno 2013 in patria), racconto che mischia con leggerezza e ordine orrore, ironia nera, voyeurismo mediatico e appigli snuff.
Lo spunto è semplice: un tutti-contro-tutti spione tra le pareti di un luogo maledetto, un esperimento televisivo che sfugge di mano e finisce intriso di sangue. Non originalissimo (basti pensare all’affascinante My Little Eye o al sorvolabile Halloween – La Resurrezione, entrambi anno 2002) ma pur sempre dotato di tutti gli elementi necessari a spasso + popcorn a mezzanotte.
Come ad esempio globuli rossi in quantità e qualità, una location suggestiva, maschere slipknotiche pronte alla vendita online e colpi di scena che fioccano senza pudore.
Scare Campaign, piaccia o dispiaccia, non ha velleità riflessive, non teorizza più di tanto sulle derive dei media, l’avidità guardona del pubblico o l’esasperazione del settore d’entertainment. Piazza invece vittime e carnefici intercambiabili in un’arena (l’ospedale psichiatrico di Beechwoth) e rimescola le carte sotto il comune denominatore della morte a favore di telecamera. L’ispirazione di puro sollazzo smussa gli spigoli degli anonimi protagonisti, delle loro scelte illogiche e delle prevedibili conseguenze.
Un po’ come nel recente 31 di Rob Zombie (guarda caso, anche lì c’è chi guarda e c’è chi muore), l’obiettivo è solo quello di giocare con la violenza e la sopravvivenza. Qui avviene in maniera scanzonata, senza particolare sadismo o momenti di indimenticabile tensione. E soprattutto senza “sporcizia” per colpa di una pessima, chiarissima fotografia, unico grosso difetto della pellicola.
La regia dei Cairnes, di contro, è salda, duttile, brava nel rimbalzare tra orrore finto e orrore vero, tra trucchi e inganni, tra realtà e monitor.
Nel making of inserito nell’home video by Midnight Factory, i registi svelano qualche ulteriore “trick” del film, tra macabri oggetti di scena e trucchetti da artigiani dell’orrore d’altri tempi.
Voto: 6/10
Luca Zanovello
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Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole
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