Recensione del film QUELLO CHE SO DI LEI con Catherine Frot e Catherine Deneuve, al cinema dal 1° giugno.
Claire è una donna di 49 anni che non ha avuto una vita facile: non ha più una famiglia fin dalla prima giovinezza ed è madre nubile di un ragazzo, oggi 22enne studente di medicina e fidanzato, che ha allevato tutta da sola. Dalla sua professione trae grandi soddisfazioni: da 28 anni è una stimata ostetrica in un piccolo ospedale di provincia. In quel lavoro mette impegno e abnegazione, ricorda ogni mamma che ha seguito e ogni bambino che ha fatto nascere. Tutto però sta per finire, purtroppo le leggi del mercato valgono anche per la sanità e il piccolo reparto della sua cittadina a nord di Parigi, considerato antieconomico, sta per essere chiuso: sarà sostituito da un modernissimo “bambinificio” provinciale, in cui sono previsti non meno di 6.000 parti l’anno. Vicina ormai al termine della sua carriera, Claire non sa se accettare il trasferimento. A sollevarla le rimane il giardinaggio: l’orto condiviso lungo la Senna è per lei un pezzetto di paradiso, dove il silenzio è interrotto solo dalle piacevoli conversazioni con il suo vicino di orto, il camionista Paul.
Béatrice ha 70 anni; è ancora una bella donna ma ormai non può più fare quello che le è sempre riuscito meglio: farsi mantenere da uomini benestanti, affascinati dal suo stile raffinato da nobildonna di origine ungherese (quando invece è figlia di portinai parigini). Dopo averli spennati per bene, li lasciava non appena i soldi erano finiti. Ora sopravvive giocando d’azzardo nelle bische clandestine di Parigi, abita in appartamenti in prestito, ospite di questo e di quello, e tutti i suoi averi – squisiti abiti di haute couture, qualche gioiello e poco altro – stanno in un paio di valigie. E’ completamente sola, non può contare assolutamente su nessuno: per questo, quando le viene diagnosticato un tumore, decide di rimettersi in contatto dopo più di trent’anni con un medico, suo antico amante, forse l’unico che abbia davvero amato. Era il padre di Claire, che però è morto da molto tempo, poco dopo essere stato abbandonato e lasciato sul lastrico.
Il ritorno di quella donna nella sua vita fa riaprire in Claire una ferita che credeva rimarginata. Ma è una persona di generosità non comune, e in ricordo di quei pochi anni di adolescenziale allegria, che nonostante tutto rammenta con piacere, accetta di incontrare Béatrice. Sinceramente impietosita dalla sua incosciente follia, decide di prendersene cura. Il rapporto tra le due non potrebbe essere più difficile, sono troppo diverse: una è una cicala, non ha lavorato un giorno in vita sua, è esuberante fino alla sfrenatezza, infantilmente egoista, spendacciona, incapace di un progetto che vada oltre le 24 ore; l’altra è una formica, economa e meticolosa, sobria negli abiti e nel cibo, lavoratrice coscienziosa e seria fino all’inibizione. La vicinanza finisce per essere positiva per entrambe: Béatrice riesce ad accettare la vecchiaia e la malattia, Claire impara a lasciarsi andare: perché a volte vale la pena di rischiare, e magari provare a ri-innamorarsi.
SAGE FEMME – titolo originale di QUELLO CHE SO DI LEI – in francese significa levatrice. Che bella definizione “donna saggia”! Perché non indica soltanto un “tecnico operatore della nascita”, qual è oggi la triste definizione burocratica. E’ sì una persona chiamata ad espletare una funzione indispensabile alla comunità, ma in quel termine sono anche riassunti secoli di sapienza femminile, di esperienza e di solidarietà, di dedizione e amore.
Lo sceneggiatore e regista Martin Provost – già sensibile autore di belle storie al femminile con SÉRAPHINE (2008, sulla pittrice naïf Séraphine de Senlis) e VIOLETTE (2013, sulla scrittrice Violette Leduc, amica di Simone de Beauvoir) – ha voluto dedicare questo film alla donna che tanto tempo fa gli salvò la vita, l’ostetrica che, dopo averlo fatto nascere, non solo gli donò il suo sangue, ma andò di persona in Comune a denunciarne la nascita, quasi a voler gridare al mondo che quel piccolino era ancora vivo. E racconta con gentilezza e semplicità una storia di vita quotidiana, accostando due ritratti di donne agli antipodi per indole e comportamento, tanto diverse quanto complementari, senza rinunciare ad inquadrare la loro vicenda, pur con leggerezza, in un contesto sociale realistico.
Impeccabile la scelta del cast. Catherine Deneuve è qui in una delle migliori interpretazioni della sua “seconda giovinezza”. Cesella come solo una grande attrice sa fare il ritratto di Béatrice, scapestrata e inarrestabile donna-bambina, superficiale fino alla crudeltà, che solo alla fine si rende conto di essere prigioniera di se stessa. Perché quello che lei chiama “libertà” è sempre stata una forma di fuga, ma all’improvviso non può più scappare. Una magnifica Catherine Frot (la ricordiamo in LA VOLTAPAGINE, LEZIONI DI FELICITA’ e LA CUOCA DEL PRESIDENTE) interpreta con grande sensibilità l’evoluzione di Claire, una donna tanto dedita al suo lavoro, concepito come una missione, da avere quasi scordato la propria femminilità: quando accetta di perdonare Béatrice e decide di starle a fianco, riesce finalmente ad abbandonarsi alla vita. Il belga Olivier Gourmet (indimenticabile interprete di tanti film dei Fratelli Dardenne, su tutti IL FIGLIO) è Paul, allegro e gentile, paziente e sempre disponibile, protettivo ma che sa quando farsi da parte: il compagno che tutte le donne vorrebbero accanto.
Di solito, a questo punto della stagione cinematografica, provo una certa diffidenza verso i film stranieri usciti in patria già da qualche mese: spesso ci si imbatte in autentiche raschiature di fondo del barile, estratte dai magazzini in attesa dei nuovi film dal Festival di Cannes. QUELLO CHE SO DI LEI è invece una commedia drammatica ben scritta e interpretata, che fa sorridere e commuovere insieme: davvero un film da vedere.
Marina Pesavento
Casalinga per nulla disperata, ne approfitta per guardare, ascoltare, leggere, assaggiare, annusare, immergersi, partecipare, condividere. A volte lunatica, di gusti certo non facili, spesso bizzarri, quando si appassiona a qualcosa non la molla più.
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