Recensione di Ritratto di famiglia con tempesta (After the Storm), il nuovo film di Kore-eda Hirokazu al cinema dal 25 maggio 2017.
Non tutti diventano quello che volevano essere.
Queste sono le parole che hanno ispirato Kore-eda Hirokazu, per il suo RITRATTO DI FAMIGLIA CON TEMPESTA che, dopo Father and Son e Little Sister, ci regala un’altra piccola grande perla di cinema. La sceneggiatura è nata ad anni di distanza dall’idea originale e descrive le dinamiche di una famiglia come tante, nel momento in cui alcuni equilibri vengono meno.
Ryota è un uomo di mezza età con una vita felice, una bella moglie, un figlio affezionato ed un romanzo, scritto anni prima, che gli ha fatto vincere un premio discretamente prestigioso. Praticamente la ricetta per una vita, se non perfetta, sicuramente soddisfacente ed appagante. Tutto però cambia nel momento in cui marito e moglie decidono di divorziare. Il nostro protagonista a questo punto si deve barcamenare tra un lavoro in un’agenzia investigativa, sotterfugi vari per arrotondare e, soprattutto, per compensare i soldi degli alimenti alla ex persi alle scommesse, arretrati che sono motivo di perenne scontro tra i due e si trasformano nello specchio dei suoi fallimenti come uomo.
A completare il quadro, in un ruolo fondamentale, troviamo l’anziana madre di lui, vedova da poco. La donna vive in un anonimo complesso residenziale e, con tutta la sua forza, la sua dignità ed il suo senso dell’umorismo, tiene le redini della coppia appena separata, per la quale nutre ancora speranze.
RITRATTO DI FAMIGLIA CON TEMPESTA è una storia che si muove su armonie fragili ma, allo stesso tempo, chiare sin dall’inizio. Hirokazu ci tiene per mano e ci offre il privilegio di osservare dalla finestra, in modo delicato e silenzioso, la vita. L’autore ci fa capire quanto le piccole cose siano importanti, quanto un cambiamento, anche se voluto e ponderato razionalmente, possa portare a conseguenze incontrollabili e inaspettate, quanto siano le persone che lasciamo andare, e a cui non diamo importanza, quelle che rimpiangiamo maggiormente nel momento in cui realizziamo di aver fatto un errore e di averle perse per sempre.
Il tocco del regista è morbido, fluido, leggero dall’inizio alla fine. Il suo sguardo non è mai giudicante, non c’è mai un’imposizione del suo punto di vista e non dà mai una morale, anzi, accompagna lo spettatore verso una redenzione personale che tutti, anche noi, prima o poi inseguiamo. E’ proprio per questo che ci risulta così facile immedesimarci nei personaggi. Sono apparentemente forti, decisi, al tempo stesso alla deriva, non del tutto capaci di affrontare una vita sprovvista di libretto delle istruzioni. Sembrano navigare a vista cercando di sbandare il meno possibile e di trarre dalla situazione il meglio possibile.
A dare loro la tanto sospirata seconda possibilità è una tempesta che, quasi come un Deus ex Machina, di cui si sente l’avvicinarsi nell’ultima parte, con la sua forza mette di fronte i due ex amanti, impone loro l’inevitabile confronto, fino a quel momento evitato, e di guardare il risultato delle scelte fatte.
In tutto questo, l’autore è una presenza costante. Lo ritroviamo nella figura della madre, che dalla prima scena all’ultima pervade la storia con la sua saggezza e furbizia, con battute agrodolci e malcelata malinconia per i bei tempi andati, che vorrebbe rivivere e rivedere sul volto dei suoi cari. E’ lei che, con i suoi modi gentili e la sua empatia, muove silenziosamente i fili, con lo scopo di riunire la famiglia che si è allontanata ma, in fondo, forse, si cerca ancora.
Alla fine, è proprio lei il burattinaio a cui Hirokazu ha voluto affidare la sua piccola grande lezione, è lei ad insegnarci che non bisogna mai lasciare nulla di intentato se vogliamo riparare qualcosa che ha valore, nonostante abbiamo fatto l’errore di perderlo troppo presto, soprattutto quando, dietro l’orgoglio, la razionalità e l’inesorabile scorrere del tempo, c’è dell’amore, magari poco ma quanto basta a dare un senso a tutto.
Anna Falciasecca
Bionda, sarcastica, appassionata di regia e di viaggi cerca di unire le sue passioni scrivendo un blog di viaggi, sceneggiature (che stanno comode nei cassetti) e recensioni. Il suo motto è “Blond is a state of mind”, modifica continuamente idea e tiene i piedi in diverse scarpe, tutte rigorosamente tacco 12. Le uniche cose che non cambierà mai sono: Woody Allen e Star Trek, di cui è incallita fan.
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