Recensione di King Arthur – Il Potere della Spada, il nuovo film di Guy Ritchie al cinema dall’11 maggio 2017. 

il poster italiano del film King Arthur - Il Potere della Spada

il poster italiano del film King Arthur – Il Potere della Spada

Il trito racconto del mito di Excalibur, un regista inglese partito fortissimo (Lock & Stock, The Snatch) ed ora arrancante (Sherlock Holmes, Operazione U.N.C.L.E.) ed una cornice di fantasyoso 3D che sembra vincolare e oscurare tutto il resto.

Ma le premesse sono fatte per essere smentite e così King Arthur – Il Potere Della Spada, ritorno su grande schermo di Guy Ritchie, trova le forze e l’arguzia per stupire, divertire e ritagliarsi uno spazietto nei film “spensierati” del mese.

Come? Recuperando il canovaccio dell’arcinota leggenda di Re Artù (Charlie Hunnam, protagonista della serie Sons Of Anarchy) e trasformandolo in un racconto di eroi, bulli e truffatori da sempre cari al regista dell’Hertfordshire.

Jude Law in una scena del film King Arthur - Il potere della Spada (foto: ufficio stampa)

Jude Law in una scena del film King Arthur – Il potere della Spada (Foto: ufficio stampa)

Il malvagio Vortigern (Jude Law) assassina il fratello re (Eric Bana) e ascende al trono inglese; ci sarebbe un erede legittimo, il bambino Artù, ma Vortigern lo tiene all’oscuro e lo confina per lunghi anni nei bassifondi dell’insidiosa Londinium. Fino a quando, ormai uomo, Artù emerge grande e grosso, estrae la mitica spada Excalibur dalla roccia e rivela al popolo la sua identità. E’ segno che è ora di radunare qualche prode cavaliere, raggiungere il castello del caro zio e ristabilire le gerarchie…

13 anni dopo il mediocre, demistificante King Arthur (2004, Antoine Fuqua), Re Artù torna al cinema con una rivisitazione tutt’altro che classica, affogata nello stile adrenalinico e irriverente di Guy Ritchie. Il suo re è un tremendo guascone col vizio della rissa, circondato da sodali tanto divertenti quanto scorretti (solo io amo alla follia Neil Maskell?) che nella parte centrale del film – di gran lunga la migliore – trascinano i toni e i fatti da leggenda a raggiro, da fantasy a scellerata azione pulp-itante.
Prima e dopo, King Arthur – Il Potere Della Spada concede scontate soddisfazioni alle frange tolkeniane del pubblico, agli assetati di storia di formazione, orgoglio familiare e combattimenti, alla logica ed inevitabile parabola che va dal sopruso al trionfo della giustizia.

Charlie Hunnam in una scena del film King Arthur - Il potere della Spada (foto: ufficio stampa)

Charlie Hunnam in una scena del film King Arthur – Il potere della Spada (Foto: ufficio stampa)

Ma Ritchie si scrolla di dosso ruggine e prematuri funerali sistemando i conti sia dal punto di vista tecnico (e lo si capisce già dalla prima scena, cafonata lussuosa) che da quello narrativo: la tattica adottata, che aveva dato i suoi frutti nel piccolo cult Il Destino Di Un Cavaliere (2001, Brian Helgeland), è quella di svecchiare il quadro e di associare gergo e sfumature di vestiario contemporanei alla classicità. Con ottime musiche, che tradiscono prepotentemente la passione di Ritchie per il sound elettro-anfetaminico inglese, ed un montaggio sincopato.

Questo impianto sbarazzino spiega perché il progetto sia stato accolto da nomi imponenti: Law è un ottimo villain, la spagnola Astrid Berges-Frisbey un conturbante mago, mentre Hunnam conferma di essere più di un bisteccone a 4 ante.
Con tutte le esagerazioni visive e i limiti formali del blockbuster che sfora i 100.000.000$, King Arthur è una buona scelta da venerdì sera; incredibilmente, in edizione limitata, il fattore tridimensionale non è solo un rincaro.

Voto: 6,5/10

Luca Zanovello