Ieri sera è calato il sipario sulla 27ma edizione del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina di Milano. Sono stati sette giorni intensi, fatti di tante tazze di tè con gli autori, di workshop coi bimbi e di incontri in sala con ospiti d’onore. I nomi illustri non sono mancati, da Raoul Peck (regista del pluripremiato I am not your Negro), che ha dato il via alle visite attira fan e curiosi, a Willem Dafoe che venerdì sera si è intrattenuto col pubblico accorso alla prima di My Hindu Friend.
Come ogni anno, il popolo festivaliero poteva spaziare dal Concorso Lungometraggi a quello dedicato ai Corti, da Extr’A – Razzismo Brutta Storia a Flash. E poi, in questo 2017 ha preso il via la nuova collaborazione con Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, in cui si sono tenute tre serate dedicate alle Democrazie Inquiete, occasione per unire letture e discussioni alle proiezioni. In quest’ultima sezione anche uno dei film che ieri sera ha trionfato: El Amparo.
Passiamo, infatti, a parlare delle pellicole proposte da una kermesse col pregio di riuscire a portare in anteprima in Italia opere che, nonostante il debutto in manifestazioni importanti come la Berlinale o Toronto, hanno spesso difficoltà a raggiungerci. Grazie al FCAAAL 2017 abbiamo visto Felicité (premiato solo un mese fa a Berlino), I am not your Negro (candidato come migliori documentario all’Oscar®) e il dolcissimo The Dreamer (Berlinale 2016), solo per fare qualche esempio. Alcuni sappiamo aver ora una distribuzione, altri invece speriamo la ottengano presto.
Sicuramente le sorprese non sono mancate, tra queste uno degli ultimi lungometraggi proiettati in Concorso, El Amparo che ha saputo conquistare la platea milanese al punto da vincere il premio del pubblico. E’ l’odissea di due pescatori sopravvissuti ad una sparatoria durante una battuta di pesca sul confine tra Venezuela e Colombia. Una volta tornati in paese, sospettati di essere guerriglieri, iniziano a cercare risposte e giustizia per una situazione ai loro occhi (e ai nostri) senza senso. Una giustizia che a quasi trent’anni di distanza stanno ancora attendendo. Perché El Amparo attinge a fatti reali in cui i più deboli soccombono sempre. I protagonisti di questa storia, dalla vita decisamente stravolta, non mollano e continuano una battaglia in cui la macchina istituzionale si ostina a non riconoscere i propri errori. Agghiacciante. Il pregio del film, diretto da Rober Calzadilla, è di offrire non poche situazioni di tensione, senza ostentare violenza o sangue. Da vedere.
Sul gradino più ambito del podio, quello per il Miglior Lungometraggio Finestre sul Mondo, sale invece uno dei primi titoli proiettati, House in the Fields, documentario co-prodotto da Marocco e Qatar, diretto da Tala Hadid. Un poetico racconto di tradizioni e vita, dedicato ad una piccola comunità berbera che sopravvive lontano da tutti nel rispetto di antiche regole, tramandate ancora oggi per via orale da cantori. Non stupisce che nella motivazione si legga che gli 8000€ di premio se li sia aggiudicati “per l’autenticità, la freschezza, la ricerca di un nuovo linguaggio, la capacità di entrare in intimità con le protagoniste, senza forzare nessuna situazione, e di rendere grande la quotidianità”.
Ultima menzione prima di chiudere va al Miglior Cortometraggio, Un enfant perdu di Ndiaye Abdou Khadir. Brillante esordio alla regia che ci porta nelle strade di Dakar al seguito di un bambino ricco che si perde nella parte più povera della città. In soli venti minuti, siamo a fianco del piccolo protagonista, ne percepiamo lo smarrimento e la graduale presa di coscienza della propria situazione. La riuscita del progetto sicuramente è dovuta anche alla meravigliosa performance, fatta di sguardi e gesti, del giovanissimo attore.
Se siete curiosi di scoprire tutti i premi assegnati ieri sera, li potete trovare sul sito ufficiale, QUI. Vi ricordiamo che anche oggi, domenica 26 marzo, sarà giornata di proiezioni e incontri. Il programma è ricco e noi continueremo sino a sera ad arricchire questa pagina.
Buona visione e al prossimo anno!
n.d.r. Le parole in rosso contengono link ad approfondimenti e recensioni
Foto: ufficio stampa
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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