Un commento al primo giorno di Festival del cinema Africano: i film I Am Not Your Negro & Ma Révolution.
La sala è gremita per I Am Not Your Negro, documentario di Raoul Peck candidato agli Oscar 2017 che apre la 27° edizione del Festival del Cinema Africano, Asia e America Latina di Milano.
Un progetto ambizioso e delicato, che calamita oltre cinquant’anni di lotta contro la segregazione razziale negli Stati Uniti attorno alle parole e i pensieri dello scrittore James Baldwin.
L’excursus di Peck, narrato attraverso l’intenso ed irriconoscibile timbro vocale di Samuel L. Jackson, scaturisce dalla lettera che Baldwin scrisse nel 1979 al suo editore per accennargli del suo futuro progetto: si chiama “Remember The House” e sarebbe stata (in quanto mai conclusa) una rivoluzionaria, poderosa testimonianza delle vite, del pensiero e del lascito di Martin Luther King, Malcolm X e Medgar Evers.
Solo e soltanto attraverso le parole di Baldwin, Peck plasma un affresco sui tre uomini assassinati per le loro idee rivoluzionarie, sull’America di ieri e di oggi nella morsa delle tensioni razziali.
L’esito è un documentario sincero e d’impatto, soprattutto quando il regista si affida alle argomentazioni dello scrittore, mentre un filo di retorica si srotola tutte le volte che il respiro della narrazione si estende ad oggi, all’elaborazione luttuosa e alle celebri perdite.
I Am Not Your Negro parla di qualcosa che non capiremo fino in fondo dalla nostra distante prospettiva e di estensioni troppo vaste per far tornare i conti in soli novanta minuti. Ma che dobbiamo conoscere.
Ma Révolution, primo lungometraggio del regista francese di origini tunisine Ramzi Ben Sliman, in concorso nella sezione Where Future Beats, parla di come spesso rivoluzioni locali e globali, di animo e di Stato, piccole e grandi, vadano di pari passo.
Prova tangibile è l’avventura del quindicenne protagonista Marwann, origini tunisine e vita liceale a Parigi, proiettato da anonimato a star quando viene casualmente immortalato e messo in prima pagina durante una manifestazione per la liberazione della Tunisia dal dittatore Ben Ali.
La “Rivoluzione dei Gelsomini” del 2010-2011 elegge Marwann a simbolo della resistenza, il ragazzino viene travolto dalla voglia di cogliere la palla al balzo, di diventare la voce dell’orgoglio e dell’identità tunisina a Parigi, un po’ per appartenenza, un po’ perché a quell’età sembrare importante conta più che esserlo.
Le consapevolezze politiche e adolescenziali del ragazzo crescono e traballano di pari passo, soprattutto quando il padre Moncef (Samir Guesmi, visto l’anno scorso ne L’Effetto Acquatico) decide improvvisamente di tornare insieme alla moglie e a Marwann nella natìa Tunisia mettendo a dura prova la nascente “rivoluzione” personale del figlio.
Il film di Ben Sliman, tra vena etnica e di Sundance, è un piccolissimo e brillante spaccato di storia con la S sia maiuscola che non, con pari attenzione e affezione a crescita individuale e massimi sistemi. Qualche discorso viene lasciato in sospeso con inesperienza, ma la Parigi che profuma di Tunisia è poetica, i giovanissimi protagonisti risplendono, l’amore e il furore d’adolescenza ribollono ad ogni scena.
Luca Zanovello
Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole
Leave a Comment