Recensione del film The Ring 3 (Rings), l’horror al cinema dal 16 marzo 2017.

La locandina italiana del film The Ring 3

La locandina italiana del film The Ring 3

Ce lo aveva insegnato il gioco del “guarda qui… paghi!”, da piccoli, che guardare nel cerchio equivale a sofferenza.
Ce lo aveva ribadito The Ring (Gore Verbinski, 2002, remake occidentale dello stracult horror giapponese Ringu), film mediocre che ebbe tuttavia l’indiscutibile merito di aprire una finestra gigante sul movimento del Japan-horror, fino ad allora conosciuto ed amato solo dagli smanettoni della cripta.
Mentre in patria Ringu – sorprendente storia di fantasmi vendicativi e maledizioni virali – diventava una saga infinita, negli States il film ebbe un solo seguito, peraltro legittimamente snobbato.
Fino ad oggi: Rings (da noi, The Ring 3) scuote una primavera avara di horror, affidandosi alla speranza che la leggenda di Samara e della sua mortifera videocassetta abbia ancora piglio sul pubblico.

La storia, ormai, dovreste saperla: c’è un video composto da immagini perturbanti che non dovete vedere, altrimenti il telefono squilla e una voce femminile annuncia la vostra morte di lì a “sette giorni”. E così accade.
E’ l’eredità epidemica di Samara, bambina sventurata gettata dai genitori in un pozzo a morire, il modo per scamparla è (o sembra essere) duplicare il nastro e non dimenticare.
Nell’era digitale di The Ring 3, la vhs di Samara diventa un file, la trasmissione della maledizione non avviene più per mano ma per upload, la tiritera è la stessa.
Così gli universitari Julia (la milanese Matilda Lutz, vista l’anno scorso nell’ultimo Muccino) e Holt (Alex Roe) piombano nell’incubo del video, supportati ed “eruditi” dall’ambiguo professor Gabriel (Johnny Galecki, il Leonard di The Big Bang Theory).
La lotta contro il tempo per interrompere la catena di morti passa attraverso il passato di Samara, il suo villaggio natio e l’inquietante Burke (Vincent D’Onofrio), un sacerdote non vedente che sembra conoscere ogni dettaglio della vita – e soprattutto della morte – della ragazza.

The Ring 3 è un’operazione quasi inevitabile: nell’horror d’oggi tutto torna, quasi nulla si crea, le saghe non muoiono mai. Ma il tentativo di rianimazione del “cerchio” del regista F. Javier Gutiérrez (che produrrà il remake de Il Corvo, confermandosi riesumatore di professione) è stanco, vago e senza mordente.
Sulle prime il film sembra volersi distanziare dal noto canovaccio della serie, introducendo situazioni ed atmosfere parallele, salvo poi rendersi conto dell’incapacità di gestire le stesse e rientrare in un profilo basso, quasi rasoterra, aggrappato alla semplice riproposizione dei fatti e di qualche dettaglio di culto del capostipite.

Matilda Lutz è Julia in The Ring 3 - Photo credit: Quantrell Colbert © 2016 Paramount Pictures. All Rights Reserved.

Matilda Lutz è Julia in The Ring 3 – Photo credit: Quantrell Colbert © 2016 Paramount Pictures. All Rights Reserved.

Diretto così così, scritto malissimo, il prolungamento delle malefatte di Samara è un raro esempio di sceneggiatura involuta, che diventa una storia di “paura” indigesta anche a coloro – come i teenager che limonano al cinema o gli onnivori dell’orrore – che si fanno andare bene tutto o quasi in materia di brivido.
Tutti i grandi temi e risvolti di Ringu, la sventura, la vendetta e la poesia del rancore, non rispondono all’appello: sono ingredienti già sbiaditi nel remake occidentale di Verbinski, figurarsi in un sequel da accanimento terapeutico come questo.

Perfettamente in sintonia con l’anoressia del film, la Lutz e Holt si rivelano meno carismatici degli animali moribondi che compaiono nel “video della morte”, Galecki si prova a emancipare dal ruolo del nerd, ma quando si parlerà di The Ring 3 negherà di averci recitato.
Il terzo atto del Ring made in U.S.A. non serve a nulla, così come non sa di redenzione un quarto d’ora finale leggermente spaventoso (merito di D’Onofrio, per il quale vale lo stesso discorso di Galecki) e sinceramente tetro: se proprio siete in astinenza di Samara, dribblate The Ring 3 e buttatevi sul buffo crossover Sadako v Kayako (2016), che pone l’una di fronte all’altro gli spiriti vendicativi di The Ring e The Grudge.

Luca Zanovello