è di nuovo giovedì, entro al cinema, la locandina mi incuriosisce più del solito, un gruppo di persone, un’insolita famiglia all’apparenza, un adulto o due e una nidiata di figli, non mi è chiaro, tutti abbigliati in modo eccentrico, un autobus alla loro destra, che stiano per partire per un lungo viaggio o che siano appena arrivati, non si sa, entro e mi siedo al mio posto, la luce si spegne e si accende uno scenario selvaggio nel bel mezzo di una foresta, li vediamo tutti impegnati in un addestramento militare o forse alle prese con un corso di sopravvivenza, i visi spalmati di fango, protagonisti di un rito di iniziazione, siamo colpiti da immagini e musiche abbaglianti, il verde ci entra nella pelle, le esercitazioni ci sollevano dalle poltrone
che inizio
dopo poco ci è tutto più chiaro, il film Captain Fantastic, di Matt Ross racconta di una mamma e un papà, Ben, il grande attore Viggo Mortensen, che anni orsono hanno abbandonato la civiltà per crescere i loro sei figli, tra i cinque e diciassette anni, nelle foreste degli Stati Uniti nordorientali, isolati dal mondo, lontani da perbenismo e consumismo, a diretto contatto con la natura
Ben, di professione padre, impartisce loro una rigida educazione fisica e culturale, i ragazzi studiano, suonano, cacciano per procurarsi il cibo e si temprano fisicamente, non ci sono né scuole né insegnanti e nemmeno l’ombra di voti e verifiche, eppure notiamo tanti libri sempre aperti da cui il sapere scorre fluido nei loro cervelli
siamo tutti stupiti
un giorno la madre si ammala, viene ricoverata in ospedale e il padre si prende cura da solo dei loro splendidi figli, un padre severo e determinato, a tratti crudele, ma con un chiaro progetto educativo in mente, il suo, unico, personale, discutibile certamente, lui, il padre, un padre presente e già questo è molto
il pubblico ride, sorride, soffre, si indigna, mi guardo intorno e vedo spettatori attenti, il fiato sospeso, le spalle contratte, siamo tutti curiosi di sapere come andrà a finire, pensiamo ai nostri anni di scuola, ai nostri genitori, i nostri papà troppo impegnati col lavoro, i nostri figli che ci elemosinano attenzione, siamo tutti sollecitati alla riflessione, crescere non è uno scherzo, lo sappiamo e accompagnare sei ragazzi alla soglia della consapevolezza è un compito arduo
ti stimiamo caro Ben
la pellicola ci tiene sospesi sul filo teso della rivelazione, la situazione precipita e gli eventi costringono la famiglia a tornare in città dove incontrano cugini e nonni, il divario è evidente, i sistemi educativi adottati sono agli antipodi, lo stupore è grande, noi accanto a loro, ci appaiono indifesi, vorremmo proteggerli ma non ne hanno bisogno, se la sanno cavare da soli, pieni di risorse interiori a cui attingere nei momenti di difficoltà
abbasso gli occhi e penso alle numerose proposte educative, ai progetti scolastici rivoluzionari, a teorie e applicazioni innovative, c’è chi prova in un modo, chi in un altro, gli errori ci sono ovunque, spesso si rimane sui binari tracciati dalle tradizioni per timore di sbagliare e chi azzarda un’alternativa non sa esattamente dove approderà
Ben abbassa il capo, è pieno di dubbi, solo contro tutti, fautore di una utopia che si scontra con la realtà, quella stessa realtà che deve fare i conti con la sua diversità, una mela marcia nel bel centrotavola di frutta sulla tovaglia di fiandra, la sua vita si rabbuia e un muro alto gli si para davanti
abbracciamo tutti e sette con la mente e sorpresi proseguiamo la visione ricca di svolte, una più inaspettata dell’altra, siamo felici di essere in sala e siamo grati a Matt Ross di averci fatto partecipi dei suoi pensieri
Elisa Bollazzi
n.d.r. Potete leggere la recensione del film Captain Fantastic da Cannes 2016 cliccando QUI
Artista e scrittrice si diletta a trasformare in un flusso di parole la sua vita itinerante da una galleria a un museo da una sala cinematografica a un teatro da un incontro con l’autore a una biennale.
Inizia a scrivere a sei anni sotto l’amorevole guida dell’adorata maestra Luigia. Dapprima le vocali: 40 a 40 e 40 i 40 o 40 u in seguito le consonanti, 40 per ognuna e quindi tutte in fila. Di lì a poco vocali e consonanti abbracciate in mille modi all’apparenza indecifrabili: ab ac al am an ao ar as at au av az Ba bo bu Ca cc ci cr cu Da du Aa dd nn pp ss vv zz, inspiegabili suoni che d’un tratto trovano un senso e come d’incanto si trasformano in parole e pensieri. Elisa sa guardare, ascoltare, pensare e ora anche scrivere: il gioco é fatto!
Dal 1990 si dedica con devozione al suo Museo Microcollection
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