BLEED Quando la forza di volontà e un po’ di follia portano all’impensabile

Recensione del film BLEED con Miles Teller e Aaron Eckhart, al cinema dal 9 marzo 2017. 

il poster italiano di BLEED

Vinny Pazienza è un pugile di Rhode Island, vive a Providence con la sua colorata famiglia italo americana ed è l’orgoglio della sua città. Nel corso degli anni novanta ha vinto cinque campionati, quanto basta per potersi considerare un campione e concedersi quegli sfizi che la fama offre: qualche bevuta in più, amici che ti osannano, serate al Casinò ed un po’ di quella sana sbruffonaggine che ti permette di goderti un mondo all’apparenza dorato, in realtà senza scrupoli.
Una buona carriera, senza particolari picchi ma più che onorevole se non fosse che viene bruscamente interrotta da un grave incidente da cui esce con il collo rotto. Ed è dedicato alla sua rinascita il racconto di quello che è considerato uno dei più incredibili ritorni nella storia dello sport.

Bleed è l’ultima produzione del regista Ben Younger, conosciuto per 1 km da Wall street con Ben Affleck del 2000 e Prime con Meryl Streep e Uma Thurman del 2005, che con questo lavoro riesce a portare sullo schermo una storia completamente nuova sia per il punto di vista del soggetto sia per lo stile narrativo. La telecamera rimane, infatti, sempre fissa sugli attori con primi piani, e movimenti a mano volutamente enfatizzati, e che danno al tutto un tocco quasi documentaristico. La scelta, se all’inizio può sembrare spiazzante, alla lunga risulta decisamente vincente.
Ne scaturisce una caratterizzazione forte e particolare che rende l’opera meritevole di ritagliarsi spazio in una distribuzione che troppo spesso privilegia le grandi produzioni a scapito delle più indipendenti.

Per quanto riguarda i personaggi abbiamo il nostro Vinny (un Miles Teller trasformato fisicamente e qui alla sua prima prova matura) con un atteggiamento sfacciato e goliardico ma allo stesso tempo da vero combattente. Poi, l’irriconoscibile Aaron Eckhart nel ruolo dell’allenatore disilluso, stanco e ingrassato che ritrova nuovi stimoli proprio in questa improbabile accoppiata.
I genitori sono interpretati da Ciaràn Hinds, ovvero Angelo, padre-manager e uomo a dir poco stravagante e conosciuto da tutti in città, e da Katey Sagal, la religiosissima mamma che non riesce neanche a guardare il figlio mentre combatte in TV.

La forza della pellicola sta senz’altro nel lavoro di squadra, cosa che si percepisce in particolar modo nelle scene collettive, come quelle in cui i parenti si riuniscono ogni sera a cena dando vita al più classico quadretto da italiani immigrati. Tutti accompagnano il protagonista nel suo viaggio, nel suo calvario e nella sua rinascita in modo più che convincente. Il regista ha la capacità di prendere per mano il suo cast ed ottenere un risultato più che rispettabile, anzitutto per la particolarità degli eventi che racconta.

Bleed non è, volutamente, un film epico ma mantiene un tono più basso, più umano. Descrive la vicenda di un pugile che solo gli appassionati di boxe ricordano e che non ha mai avuto grossi titoli a livello internazionale. Il suo mondo è quello della classe media circoscritto alla cronaca locale, con giusto qualche sprazzo più alto.

Questo è però quello che lo rende degno di una visione attenta e positiva perché alla fine sono proprio le storie minori, i personaggi di paese e le imprese che riempiono le pagine dei giornali locali che spesso offrono il miglior punto di vista sulle cose. Soprattutto quando si parla di successo, caduta e rinascita, lezioni di cui abbiamo sempre un po’ bisogno e questo film ci aiuta a ricordarcene e farne tesoro.

Anna Falciasecca

 

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