Recensione del film T2 TRAINSPOTTING di Danny Boyle, in anteprima alla Berlinale e dal 23 febbraio al cinema.
“Siamo qui per commemorare”: parole proferite dal redivivo Mark Renton (Ewan McGregor) al vecchio amico Simon (Jonny Lee Miller) al suo ritorno nella vecchia Edimburgo, dopo vent’anni passati ad Amsterdam.
Nella sua Scozia, Mark ritrova i luoghi di gioventù e tutte le persone che aveva amato, tradito, deluso e drogato. Soprattutto, i suoi ex compagni di eroina e di misfatti: l’irrecuperabile semplicione Spud (Ewen Bremner), un vendicativo e sempre più violento Begbie (Robert Carlyle) e il truffaldino Simon, in arte Sickboy.
E’ proprio quest’ultimo a trascinare Mark, dopo tanto tempo di sobrietà e retta via, in una nuova, assurda avventura “imprenditoriale”. E a ricondurlo alla resa dei conti per il magistrale inganno che, due decenni fa, mise la parola fine sul cult britannico più maestoso degli anni novanta.
Dare un seguito a un mostro sacro come Trainspotting (1996) è un’impresa delicatissima, anche se ti chiami Danny Boyle, sei stato tu a trasformare il libro di Irvine Welsh in un film epocale e puoi contare sul cast integrale che infiammò il predecessore.
“Siamo qui per commemorare” allora lo diciamo anche noi, eleggendolo a mantra ufficiale di T2 Trainspotting, libero, duplice adattamento dei romanzi “Trainspotting” e “Porno”.
Già, perché è quella la lente più sensata per guardare, analizzare e in definitiva gustarsi questo sequel, che celebra – a volte in modo tremendamente didascalico – il mito che fu.
Se Trainspotting raccontava con dilaniante lucidità la Scozia arida e acida, irrequieta e spaesata dei 90s, con le sue tragiche conseguenze, T2 si concentra piuttosto sulle “conseguenze delle conseguenze”.
I personaggi di allora ritornano e gli interpreti sono tutti in gran forma (soprattutto Jonny Lee Miller, che si ritaglia più spazio degli altri) nel riprendere i postumi delle rovine di gioventù. A lasciare un po’ più perplessa è invece l’ossatura del film, dove vicende vaghe e un po’ pretestuose lasciano spazio a gag estemporanee, nuove bizzarre situazioni (alcune ben riuscite, altre leggermente vanziniane) e un brulicante formicaio di autocitazioni, flashback ed amarcord.
In verità T2 Trainspotting, soprattutto nella prima metà, viaggia spedito, con il chimico umorismo di Welsh e la regia di Boyle a condensarsi in un cocktail di lusso, nettamente più leggero e meno marcio del primo film; poi qualcosa scricchiola e per apprezzare il lungo e simbolico congedo è cruciale che sopraggiunga l’effetto nostalgia.
E, magari, la consapevolezza che l’equilibrio narco-pop sociale di Trainspotting era impossibile da replicare allora (ce lo dimostra la storia), figurarsi oggi.
Anche il reparto sonoro, pur ricercatissimo, cede il passo alle memories. Non è un caso che i brividini giungano sempre e comunque dalla rispolverata, come nel caso dell’iconica Lust For Life di Iggy Pop o della Born Slippy degli Underworld, manifesto di un mondo trance-rave sostanzialmente estinto.
T2 è una divertente, calcolata commedia che riprende le fila, ma che non riesce a catturare il “qui ed ora”. Forse nemmeno vuole farlo, così si rifugia nel passato, regalando una semplice (ma accorata) commemorazione ai nostalgici e agli amanti d’Albione.
Per gli altri, invece, rimane poco più di un accessorio.
Voto: 6,5/10
Luca Zanovello
n.d.r. un clic QUI per leggere l’approfondimento dalla Berlinale
Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole
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