Una Mujer Fantastica, Marina è davvero una donna fantastica

Recensione del film Una Mujer Fantastica (Una donna fantastica) di Sebastián Lelio, in concorso alla Berlinale 2017 e vincitore del premio per la miglior sceneggiatura. 

Daniela Vega in Una Mujer Fantastica – Ph: courtesy of Berlinale

Una Mujer Fantastica è una donna fantastica. E Marina Vidal è davvero fantastica. Carina, dolce, riservata e innamoratissima del suo compagno, Orlando. Una sera, dopo aver festeggiato il compleanno con una cenetta romantica, la coppia rincasa, si ama, si addormenta ma qualcosa non va e in piena notte Orlando ha un tremendo malore. Muore. E Marina non è pronta. È sotto shock. Rimane sola in un mondo ostile.

Cosi si apre Una Mujer Fantastica, il film cileno diretto da Sebastián Lelio (il regista di Gloria, che proprio qui valse l’Orso d’argento a Paulina Garcia) in concorso oggi a Berlino. Un dramma senza urla, silenzioso in cui lo sguardo della povera Marina, improvvisamente isolata, vale più di mille parole. Perché lei da oggi avrà a che fare con la famiglia del compagno e con lo spettro del luogo comune, della paura del diverso, dell’ottusità mentale, in una società che solo a parole è aperta, tollerante e libera.

Marina è una dolce e riservata trans, con alle spalle umiliazioni che non possiamo neppure immaginare. Lei è un personaggio di finzione e ciò che ci mostra, è il lato dignitoso, dolce e migliore di una realtà che è tutta intorno a noi. E la performance di Daniela Vega è da applauso.

Daniela Vega in Una Mujer Fantastica – Ph: courtesy of Berlinale

Lo script di quella che è stata la prima vera sorpresa di questa edizione del Festival di Berlino è stato scritto a quattro mani da Sebastián Lelio e Gonzalo Maza ed entrambi rincasano con il premio per la migliore sceneggiatura. Un riconoscimento meritato anche se eravamo quasi certi che Daniela Vega non avesse rivali.

La sua Marina è la migliore delle compagne, la migliore delle vedove, la migliore delle amiche e la migliore donne. È saggia, paziente e discreta, e la sua discrezione è la migliore delle armi: dimostra la miseria intorno a lei ed evidenzia il lato ipocrita e gretto dell’essere umano. Ci sentiamo in imbarazzo per tutti i cretini con cui ha a che fare. E questo è il vero punto di forza della pellicola prodotta dal clan Larrain (Juan de Dios Larraín, Pablo Larraín ed Estefanía Larraín non a caso compaiono nei crediti della crew).

Una Mujer Fantastica con classe, soppesando le parole, evitando scene che esibiscono troppo ci colpisce e forse riesce ancor meglio nell’intento di farsi udire dai sordi. È un’opera bella per la sua sobrietà e per il modo discreto con cui ci ricorda che violare la dignità di un essere umano non ci rende migliori, mortificare e negare l’altro da noi è sinonimo di pochezza e inizia davvero a stancare.

Una Mujer Fantastica è una di quelle piccole perle che ci ricordano perché amiamo kermesse come la Berlinale. La speranza è che non rimanga circoscritto a prodotto per il circuito LGTB. È un film drammatico, fine, garbato, da vedere.

 Vissia Menza

Una scena del film Una Mujer Fantastica – Ph: courtesy of Berlinale

 

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