corro al cinema curiosa di vedere In guerra per amore di Pif e come ogni giovedì sera mi siedo tra cinefili indefessi, stesse poltrone stesso entusiasmo
il buio entra in scena con urgenza e cede subito il passo alla voce fuori campo del regista che ci riporta con la mente allo scorso anno, tutti nelle medesime postazioni in estasi davanti a La mafia uccide solo d’estate, il ricordo è vivo e quella voce un marchio indelebile
siamo a New York negli anni della Seconda Guerra Mondiale, il protagonista Arturo Giammarresi di origini siciliane ama Flora, la promessa sposa del figlio di un importante boss mafioso. Arturo si arruola nell’esercito americano in partenza per la Sicilia dove finalmente potrà chiedere la mano dell’amata al padre che vive a Crisafulli
una storia d’amore inventata per ricordarci un avvenimento reale che ha cambiato la storia dell’Italia e della Mafia, a qualcuno in sala viene in mente il Rapporto Scotten del 1943, accordi internazionali allora come ora, li sento, lo citano, mi riprometto di leggermelo una volta a casa
un’irreale leggerezza ci porta a mezz’aria dove roteiamo con allegria, ridiamo, sorridiamo tra ironia, sarcasmo e dramma, l’amore tra Arturo e Flora ci ricorda con disinvoltura le regole di famiglia, quella famiglia italiana nota nel mondo intero
la mafia
chissà perché d’un tratto quella voce fuori campo mi risulta fastidiosa, oscura il mio senso critico, mi conduce su un percorso che non voglio seguire, divento irrequieta, tamburello le gambe nervosamente, mi guardo intorno e osservo orecchie inebriate da quegli acuti
ne sono perplessa
mi faccio coraggio, socchiudo le orecchie e proseguo nella visione del film, nonostante le tematiche le immagini sono accattivanti e i dialoghi frizzanti, in italiano, in dialetto, in inglese, gli occhi sono in festa tra le vie di New York e i panorami siciliani mozzafiato, dalla pace alla guerra, da una metropoli a un paesino a picco sul mare
viviamo con gli abitanti i disagi del conflitto, le sirene, le fughe nei rifugi antiaerei, corriamo veloci insieme a loro, le orecchie sollecitate dalla paura, in fretta, le statue della Madonna e di Mussolini in braccio, le scene spassose sono tante, ridiamo di gusto, ma la voce fuori campo incalza e ci prevarica nuovamente, proviamo a zittirla, invano, vorremmo assaporare la storia in silenzio, concedeteci una pausa per favore
mi defilo da quella pista tracciata alla ricerca del mio cuore e del suo istinto, chiudo occhi e orecchie e finalmente sento l’amore, la paura, il disprezzo, l’ingenuità, il patriottismo, ecco, ritrovo il senso della pellicola
apro un orecchio attratta da una voce che giunge da dietro, che sia Pif lanciatosi dallo schermo per recuperare la mia attenzione, per carità, no, mi faccio piccola, rannicchio le spalle e scivolo sotto la poltrona, ma il timbro di quella voce è più caldo e delicato, riprendo posto, inclino il capo all’indietro finché scorgo lo spettatore dietro di me impegnato a ripetere ogni singola frase in inglese, e sono tante, ne cura la pronuncia e la cadenza, sta rinfrescando la lingua è evidente, preziosi minuti di un’inaspettata listening comprehension lesson
grazie Pif
ci hai regalato una bellissima lezione d’inglese
Elisa Bollazzi
Artista e scrittrice si diletta a trasformare in un flusso di parole la sua vita itinerante da una galleria a un museo da una sala cinematografica a un teatro da un incontro con l’autore a una biennale.
Inizia a scrivere a sei anni sotto l’amorevole guida dell’adorata maestra Luigia. Dapprima le vocali: 40 a 40 e 40 i 40 o 40 u in seguito le consonanti, 40 per ognuna e quindi tutte in fila. Di lì a poco vocali e consonanti abbracciate in mille modi all’apparenza indecifrabili: ab ac al am an ao ar as at au av az Ba bo bu Ca cc ci cr cu Da du Aa dd nn pp ss vv zz, inspiegabili suoni che d’un tratto trovano un senso e come d’incanto si trasformano in parole e pensieri. Elisa sa guardare, ascoltare, pensare e ora anche scrivere: il gioco é fatto!
Dal 1990 si dedica con devozione al suo Museo Microcollection
Leave a Comment