La conferenza stampa milanese del film SPLIT con il regista M. Night Shyamalan e i protagonisti James McAvoy e Anya Taylor-Joy 

M. Night Shyamalan, James McAvoy e Anya Taylor-Joy alla conferenza stampa milanese del film SPLIT - Foto di Luca Zanovello


M. Night Shyamalan, James McAvoy e Anya Taylor-Joy alla conferenza stampa milanese del film SPLIT
Foto di Luca Zanovello

Quando chiedi a M. Night Shyamalan come sia nata l’idea di un film sul disturbo dissociativo dell’identità, il regista americano di origini indiane risponde nel modo che ti aspetti da un istintivo nerd del cinema come lui, anti-divo lontanissimo da stereotipi e pose autoriali: “la ragazza di cui ero innamorato, quella che è poi diventata mia moglie, studiava psicologia. Così frequentavo lezioni su lezioni solo per vederla. Una delle lezioni parlava di quella patologia”.
Spiazzante come molti atti della sua carriera, sorprendente come l’affilata quadratura trovata al cerchio di Split, dodicesimo film del regista che approda nelle sale italiane il 26 gennaio.

Shyamalan si presenta ai giornalisti italiani affiancato dal divo accertato James McAvoy, che veste i plurimi panni del protagonista Kevin, dilaniato da 24 differenti personalità che si avvicendano nella sua sempre più labile psiche, e dalla futura supernova Anya Taylor-Joy (The VVitch) che interpreta una delle vittime dell’uomo.
Tre artisti diversissimi uniti da un film cupo e aggressivo: “un progetto nato anni fa e la cui principale ispirazione è il caso reale di Billy Milligan, un uomo che soffriva di questo disturbo e che rapì e violentò delle ragazze. Milligan aveva 24 diverse identità, ma un QI altissimo, era una specie di genio. La sua storia mi scioccò e in un certo senso mi affascinò”, afferma Shyamalan.
E i film di riferimento? “Non uno in particolare, mi sono ispirato allo stile e al ritmo di film molto datati, così come al più recente film greco Dogtooth.” E un insospettabile debole nostrano: “riguardo spesso anche La Grande Bellezza, mi piace molto”.

James McAvoy e Anya Taylor-Joy alla conferenza stampa milanese del film SPLIT - Foto di Luca Zanovello

James McAvoy e Anya Taylor-Joy alla conferenza stampa milanese del film SPLIT – Foto di Luca Zanovello

Split tratta anche un tema delicato come quello degli abusi su minori. Shyamalan sottolinea la difficoltà di approcciarsi ad esso: “è qualcosa di tragico, ma nello stesso tempo mi ha spinto a interrogarmi su come reagisca e cambi un individuo che subisce cose così atroci”.
Lati oscuri che ben conosce la classe 1996 Taylor-Joy già esperta in tematiche orrorifiche, che racconta la sua esperienza lavorativa col regista: “mi sono fidata ciecamente di lui, mi ha fatto sentire protetta mentre esploravo i luoghi oscuri del racconto”. E a chi le fa notare la bravura nell’aver scelto due film complicati e belli come The VVitch e Split, l’attrice nata a Miami si scherma un po’: “sono stata fortunata, ho avuto delle opportunità straordinarie. Ho amato subito il ruolo che Shyamalan mi ha offerto”.
Il regista ricambia: “l’età di Anya e il suo essere una quasi-esordiente le ha permesso di accedere più facilmente alla sua interiorità. A volte attori così giovani sono quasi inconsapevoli delle loro qualità, e tirano fuori queste doti, queste emozioni e sensibilità senza rendersene conto”.

E l’exploit di McAvoy da dove nasce? “Ho visto pochi film, mi sono preparato basandomi unicamente sul copione che Shyamalan mi ha sottoposto”, dice l’attore scozzese. “Ho capito subito che si trattava di un film a basso budget ma impegnativo, unico e straordinario.”
Un accenno alle complicazioni di preparare non un singolo ruolo, ma molteplici: “Interpretare otto o nove ruoli? Una sfida grandissima, ho cercato di raccogliere indizi, concentrarmi sui gesti e le posture di ognuno. E’ stato un duplice lavoro, sul piano fisico e su quello psichico”.

Il regista M. Night Shyamalan alla conferenza stampa milanese del film SPLIT - Foto d Luca Zanovello

Il regista M. Night Shyamalan alla conferenza stampa milanese del film SPLIT – Foto d Luca Zanovello

Split è la seconda collaborazione tra Shyamalan e la casa di produzione Blumhouse di Jason Blum. L’autore sottolinea il valore della collaborazione: “io e Jason abbiamo un grande affiatamento, lui non si impone, mi lascia spazio ed è un campione di originalità. Realizza film a basso budget che raggiungono un ampio pubblico. Nel caso di The Visit, gli presentai il montato dopo averlo girato, mentre nel caso di Split gli ho mandato il copione e lui ha capito immediatamente il tipo di narrazione che volevo e il film che avevo in testa”.
In Split anche i costumi, distribuiti sulle varie personalità di Kevin, rubano l’occhio. Shyamalan sottolinea il grande lavoro del costume designer spagnolo Paco Delgado, capace di adattare molti outfit ad un McAvoy irrobustito e muscoloso, persino dei delicati abiti femminili: “Paco aveva lavorato nel film The Danish Girl, quindi sapeva perfettamente vestire da donna un uomo”. McAvoy aggiunge: “per quanto riguarda Patricia, una delle identità che emergono in Kevin, ho cercato di femminizzarmi, di far sentire il pubblico scomodo così come a volte era lei, intrappolata in un corpo maschile. Non c’è da sorprendersi che fosse un po’ arrabbiata”.

Shyamalan non si tira indietro sulle domande più panoramiche. “Il mio film che considero più sottovalutato? Sicuramente Lady In The Water: è quello che è stato visto da un minor numero di spettatori. E’ poi diventato una sorta di cult, amato da pochi ma visceralmente. Mi dispiace che non si sia propagato di più, lo ritengo un racconto ibrido, molto particolare e personale”.

Il regista M. Night Shyamalan e l'attore James McAvoy alla conferenza stampa milanese del film SPLIT - Foto di Luca Zanovello

Il regista M. Night Shyamalan e l’attore James McAvoy alla conferenza stampa milanese del film SPLIT
Foto di Luca Zanovello

Immancabile la domanda sull’importanza dei colpi di scena nei suoi film. Il regista però placa gli entusiasmi: “Tutti abusano della parola “twist”, ma quelli che inserisco sono semplicemente degli elementi, delle parti della struttura narrativa. C’è un momento in cui le informazioni trattenute devono essere rivelate al pubblico, tutto qua. Per esempio, in Split la protagonista scopre mano a mano, insieme a noi, in situazioni precise, cosa si cela dietro alla storia.”

L’ultimo spunto di conversazione si affaccia sul futuro di Shyamalan. A chi gli domanda se ritenterà la via delle serie tv, il produttore del non fortunatissimo Wayward Pines risponde con un ormai proverbiale entusiasmo: “E’ divertente fare tv, e la televisione è il modo migliore per veicolare soggetti drammatici. La gente vuole restare aggrappata al racconto drammatico, seguire vicende e personaggi a cadenza settimanale, si vuole affezionare. Negli Stati Uniti ormai il dramma si è spostato in tv e lo ha fatto mantenendo una qualità molto elevata. La televisione mi ha anche permesso di uscire da produzioni con pochi fondi e pochi collaboratori, di ampliare il raggio di azione lavorando con centinaia di autori ed attori. Sono stato fortunato ad avere questa opportunità”.

Luca Zanovello