GOOD PEOPLE: thriller sbiaditi per il tempo libero

Recensione del film Good People con James Franco, Kate Hudson e Omar Sy 

Il poster del film Good People

Tom e Anna Wright sono una giovane coppia di Chicago. Sognano dei figli che per ora non arrivano. E hanno appena ereditato una bella casa nella lontana Inghilterra che ha bisogno di essere riattata. Decidono quindi di trasferirsi a Londra e, per alleviare le difficoltà finanziarie, di subaffittare il seminterrato ed un personaggio schivo e oscuro. Un giorno l’uomo muore in circostanze misteriose e i due bravi ragazzi ereditano un bel po’ di dilemmi e problemi. Ecco come si apre Good People, il film con James Franco e Kate Hudson che sta dominando i palinsesti dei canali SKY Cinema durante queste feste natalizie.

Con Omar Sy, per una volta in un ruolo non comico, e con diversi volti noti nel cast, protagonisti a parte, la pellicola attira facilmente l’attenzione di quella parte di pubblico costantemente famelico di buon cinema ma riesce ad infrangere ogni aspettativa in poco più di una decina di minuti. La recitazione de due attori principali è, infatti, piatta quanto una tavola e il loro coinvolgimento è pari a quello di una coppia intenta a fare la spesa al supermercato. A ciò si aggiunge una storia popolata da inverosimili colpi di fortuna che rendono la visione incline a frequenti distrazioni.

James Franco e Kate Hudson in Good People (Ph: source IMDB)

Quale fosse la morale è un altro tasto dolente. Le possibilità potrebbero essere molte e tutte troppo banali per essere prese in considerazione. Qualcosa del tipo: anche i buoni possono usare le maniere forti; il fine giustifica i mezzi; mai sottovalutare le brave persone sull’orlo di una crisi di nervi (questa è la mia preferita). E ora la crisi sta pervadendo coloro che sono caduti nella rete di un’opera che ha saputo giocare bene le proprie carte. Perché Good People si basa su un romanzo di Marcus Sakey ed è stato adattato da Kelly Masterson (lo sceneggiatore del meraviglioso Onora il Padre e la Madre di Sidney Lumet), aveva quindi i presupposti per non deludere.

Benché fosse lecito attendersi dell’intrattenimento di qualità, il thriller soffre di stanchezza cronica e, nella seconda parte, snocciola una serie di sequenze prevedibili, per nulla convincenti. Dietro la macchina da presa c’è Henrik Ruben Genz, un regista danese di fama non planetaria la cui carriera annovera tante serie TV. Un passato che rende comprensibile – ma non giustificabile – la poca chimica tra i protagonisti, la distanza siderale che divide noi da loro e l’assenza di un inchino al noir, seppur già visto. Tutti motivi per cui ci sentiamo di considerare Good People un film innocuo ma dimenticabile e di consigliarlo solo a coloro in vena di una serata sul divano senza far fatica a seguire la trama di ciò che scorre sullo schermo.

Vissia Menza

 

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