Recensione di OCEANIA, il film di animazione diretto dal duo Ron Clements e John Musker

È Natale. Siamo autorizzati a staccare e tornare tutti bambini. Possiamo chiudere gli occhi e cercare di far rivivere le immagini di quando giocavamo spensierati sul tappeto volando lontano con la fantasia. Riuscivamo a solcare i mari o scalare suggestive montagne, scoprire le galassie e farci amici gli alieni. Avevamo un sogno da avverare “da grandi”. Molti si sono infranti altri non per forza. Quello di Vaiana si avvererà e accadrà nel più magico dei modi: dopo una meravigliosa avventura. E sarà frutto solo della sua determinazione. Oggi parliamo di Oceania, la nuova favola Disney pronta a riscaldare i cuori di grandi e piccini durante queste Feste, da pochi giorni nei nostri cinema.

Oceania è una di quelle storie senza tempo. È un cartone animato colorato, ricco, carico di energia e vitalità. È un inno alla gioia in cui non mancano le prove da affrontare prima di gustare il più bello dei successi. È un racconto di crescita e di presa di coscienza, di quelli in cui è la volontà a fare la differenza, in cui l’età della protagonista si dimentica in fretta e non pochi vorrebbero essere con lei in quell’angolo di mondo.

Coerentemente con la migliore tradizione della casa di Topolino, arriva su grande schermo un film in grado di rapire e intrattenere tutte le generazioni. Quest’anno andiamo in Polinesia, nel villaggio in cui è nata Vaiana (in origine Moana). Un piccolo paradiso terrestre in cui la popolazione vive in armonia, protetta dal reef, sino al giorno in cui si presenta un problema inatteso, la carenza di cibo. Sarà la bimba a trovare la soluzione seguendo i suoi istinti e il suo cuore – e disobbedendo ai genitori. Tornerà a casa cresciuta, accresciuta e con una lezione da condividere con tutti, per il bene della comunità, come la migliore delle Principesse.

Il cinquantaseiesimo classico di Disney ci regala quindi una nuova eroina, tanto giovane e inesperta quanto forte e decisa, a cui fa da spalla un semi-dio debole e pieno di difetti. Una ragazzina in grado di tenere testa ad un omone vanitoso e cocciuto sino a convincerlo (e guidarlo) nel fare la cosa giusta. Le lezioni non si contano e le canzoni nemmeno. Perché a cadenzare il ritmo delle onde del mare (e del racconto) ci pensa la musica. Quella musica che, unitamente ai toni sgargianti e ad una narrazione lineare, si prende cura in particolar modo dell’audience in erba.

Confermando il nuovo trend di dare spazio a personaggi al passo con le esigenze di questo millennio; evitando che la tecnologia si prenda la scena; dando preminenza alla gioia, a discapito del dolore; e scardinando il vecchio rapporto maschio – femmina (oggi il gentil sesso spicca per doti, brio e capacità), Oceania si candida a essere il film di Santo Stefano più coerente, divertente e probabilmente visto.

Secondo alcuni è addirittura troppo pulito, per bene e politicamente corretto. E, in effetti, si avverte la mancanza di una sfida, della paura e dell’umana vulnerabilità che fa cadere e rinascere. Positività e proattività sprizzano da ogni dove mitigando talvolta l’eccitazione nell’adulto che guarda, ciò non toglie che Oceania vinca in quanto a vivacità e radiosità, abbia una trama intrigante e ci riempia il cuore di speranza, quella speranza preziosa e oramai rara da trovare.

Vissia Menza