lunedì 12 dicembre 2016, ore 21, Busto Arsizio, Cinema San Giovanni Bosco, il regista bustocco Marcello Merletto presenta il suo documentario Wallah, Je te jure, prodotto dall’agenzia delle Nazioni Unite OIM Niger, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, testimonianza preziosa dei lunghi viaggi della speranza dall’Africa occidentale all’Italia, dolorose esperienze individuali di un massiccio esodo collettivo
il pubblico si affretta in sala impaziente di vederne la proiezione e ascoltare i racconti del nostro amato concittadino
ci sentiamo una grande famiglia
siamo tutti con te
Marcello
la sala è gremita, ne ero certa, le poltrone prese d’assalto, l’età media è bassa a testimoniare una gioventù attiva in città di cui ci facciamo vanto, riconosco vari rappresentanti delle organizzazioni locali che hanno promosso l’evento, Sguardi d’Essai, l’ACLI di Busto Arsizio, il Circolo Gagarin, Migrando La Bottega, mi giro di qua e di là e vedo parecchi soci di ANOLF Varese, dell’Associazione Ali d’Aquila, dell’Associazione Christian Onlus, Associazione Il Quadrifoglio, saluto numerosi iscritti al Centro Giovanile Stoa e alla Combinazione Onlus
l’energia è palpabile nell’aria
una persona accanto all’altra a formare un esercito di solidarietà, è commovente, tra gli spettatori anche gruppetti di migranti ospiti del centro d’accoglienza bustese, una decina sono seduti proprio davanti a me, tesi e ordinati, protagonisti involontari di un pezzo di vita che mai dimenticheranno
il regista e giornalista Gilberto Squizzato e il docente del Politecnico di Milano Paolo Castelli coordinano la chiacchierata con Marcello, d’un lampo veniamo scaraventati in un’altra realtà, ascoltiamo aneddoti e nomi di luoghi noti e meno noti che con la mente cerchiamo di visualizzare sulla grande mappa dell’Africa occidentale, Agadez, Niamey, Libia, Senegal, la fame, Niger, lunghe attese, Algeria, ripensamenti, diciotto ore di pullman, rinunce, Mali e Burkina Faso, viaggi infiniti verso l’Europa, l’Italia, la terra promessa che malauguratamente nulla ha da offrir loro
siamo tutti inchiodati alle poltrone, la nostra vita cambierà dopo la visione di Wallah, ne siamo certi, si spengono le luci, allertiamo occhi e orecchie, ci facciamo coraggio e in un lampo siamo avvolti dalla sabbia del deserto, tra uomini e donne da colori e abitudini diversi dai nostri, tra musiche e paesaggi indimenticabili come sfondo dell’inimmaginabile, 25 interviste realizzate tra Niger, Senegal e Italia, scene di vita quotidiana si alternano a strazio e dolore, esseri umani ammassati su camion per giorni e giorni, intrappolati e torturati in Libia affinché le famiglie paghino un riscatto, migliaia di giovani uomini e anche donne lasciano alle spalle ogni affetto, mamme, mogli, mariti e figli in cerca di un futuro migliore, affrontano viaggi, lutti, speranze e solo Dio sa se si salveranno, come si sente spesso ripetere da questi attori non professionisti, alcuni desistono e fanno ritorno a casa o altrove per la vergogna dell’insuccesso, altri, tanti, muoiono ancora prima di arrivare, attenzione, i rischi sono altissimi, sia via terra sia via mare
a stento tratteniamo le lacrime
penso ai nostri viaggi organizzati nel minimo dettaglio da agenzie specializzate, l’assicurazione medico-bagaglio inclusa nel prezzo e mi raccomando la prima classe, sa il viaggio è lungo e che ci sia cibo italiano e che la doccia abbia la porta e non la tenda di plastica e che la camera abbia vista mare
che vergogna
sento una grande fitta al cuore
la mia visione del film è doppia, guardo lo schermo e la manciata di ragazzi di colore davanti a me che sfrega gli occhi, trema, china il capo e di lì a poco lo solleva con orgoglio, le loro reazioni e i loro occhi diventano i miei, una doppia sofferenza mi avvolge e scardina le mie sicurezze, dove avranno mai trovato la forza d’affrontare l’ignoto mi domando rattristata, mi sento fragile e impotente, ma Marcello no, lui è partito, ha voluto capire
complimenti
ha intervistato uomini e donne, mamme e nonne, vedove e mogli in attesa di notizie, ah le donne, capifamiglia forzate, sono belle e sfoggiano visi importanti, un portamento nobile, spalle ampie e colli diritti, quei recipienti d’acqua sulla testa, alleate contro il destino
ne rimaniamo affascinati
folate di vento improvvise sollevano la sabbia al cielo e noi serriamo gli occhi per evitarla
ci sembra d’essere lì
per una volta nessuno si sta chiedendo se il film è tratto da una storia vera, questa è una storia verissima, perdiana, anche se ha dell’irreale
Elisa Bollazzi
Artista e scrittrice si diletta a trasformare in un flusso di parole la sua vita itinerante da una galleria a un museo da una sala cinematografica a un teatro da un incontro con l’autore a una biennale.
Inizia a scrivere a sei anni sotto l’amorevole guida dell’adorata maestra Luigia. Dapprima le vocali: 40 a 40 e 40 i 40 o 40 u in seguito le consonanti, 40 per ognuna e quindi tutte in fila. Di lì a poco vocali e consonanti abbracciate in mille modi all’apparenza indecifrabili: ab ac al am an ao ar as at au av az Ba bo bu Ca cc ci cr cu Da du Aa dd nn pp ss vv zz, inspiegabili suoni che d’un tratto trovano un senso e come d’incanto si trasformano in parole e pensieri. Elisa sa guardare, ascoltare, pensare e ora anche scrivere: il gioco é fatto!
Dal 1990 si dedica con devozione al suo Museo Microcollection