Recensione di Shut In, il nuovo thriller con Naomi Watts e Jacob Tremblay
Mary è una psicologa infantile che vive e lavora in una bella casa fuori città. La donna è vedova e si ritrova sola a prendersi cura del figliastro Stephen, immobilizzato in seguito al disastroso incedente in cui il padre ha perso la vita. Le giornate di Mary scorrono faticosamente, tutte uguali, dividendosi tra i pazienti e il giovane ragazzo. Tra gli assisti della donna c’è un bambino particolare, Tom, che si affeziona a lei tanto quanto il contrario. Il giorno in cui il piccolo scomparirà, l’apprensione di Mary si imporrà sino ad angosciarla, a renderle le notti inquietanti e le ore diurne ancor più snervanti. Ecco come inizia Shut In, il nuovo film con Naomi Watts.
Farren Blackburn (il regista di alcune puntate delle note serie TV Doctor Who e Daredavil) si aggrappa ad uno schema classico (luogo isolato – donna sola – animo tormentato – strani rumori – scherzi della mente) per dar forma ad un thriller angosciante, un dramma teso, un film che giochi con le nostre paure e con la psiche della protagonista sino a togliere sia a lei sia a noi ogni punto fermo. Sarà un’illusione oppure in quella casetta in legno tra i boschi sta accadendo qualcosa ai confini col paranormale? Allo spettatore scoprirlo.
Nonostante i suoi sforzi, e la presenza di un cast in cui oltre alla Watts vi sono il bravissimo Jacob Tremblay (Room) e Oliver Platt (X-Men L’inizio), l’ingranaggio s’inceppa ancor prima di carburare col risultato che il tocco horror non è mai credibile, il thriller è così prevedibile da permettere distrazioni ai presenti e l’impianto drammatico è talmente usurato da rendere impossibile l’empatia. Come se non bastasse, la trama imbocca un sentiero che è lontano dall’essere originale e intrigante e l’attesa del colpo di scena rivelatore è tanto agognato più per la voglia di mettere un punto allo strazio a cui assistiamo che per il reale coinvolgimento.
Più che turbamento proviamo tristezza perché, nonostante il piccolo budget, c’erano tutti gli elementi per ottenere l’effetto desiderato. Invece, cose e persone paiono costantemente nel posto sbagliato e/o fuori fase. Così facendo, le cartucce a disposizione si esauriscono subito e vanno sprecate. Il colpo di grazia probabilmente glielo darà questo weekend: Shut In debutta durante un ponte festivo ricco di lungometraggi molto attesi e applauditi dalla critica (gli fanno compagnia È solo la fine del mondo, l’ultimo capolavoro di Xavier Dolan, e Captain Fantastic con Viggo Mortensen in forma smagliante), una scelta che appare beffarda e che probabilmente gli toglierà l’ultima/unica chance di sopravvivere al massacro. Una volta sui canali pay TV, chissà, magari andrà meglio.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”