è finalmente giovedì sera e non vedo l’ora di gustarmi Julieta, l’ultimo film di Pedro Almodovar, ogni suo fotogramma è prezioso e lui lo sa

arrivo al cinema, il fermento è collettivo, siamo ansiosi di conoscere questa famosa Julieta di cui tutti parlano, c’è chi lo vedrà per la prima volta, chi per la seconda e sono tanti, emozionati nel saperci prossimi alla visione, sanno che ne usciremo arricchiti come è successo a loro e ne siamo certi pure noi

entriamo ci sediamo la luce si congeda e il buio rende magica la sala, inizia il film, sbarazziamo la mente da ogni pensiero e ci immergiamo a capofitto nei tanto attesi 99 minuti di proiezione

Almodovar si è ispirato a tre racconti della scrittrice canadese Alice Munro, premio Nobel per la letteratura 2013 e Julieta ne è la sintesi, eccola in scena, sia da giovane, fragile e delicata, sia da donna matura, angosciata dalla sparizione della propria figlia diciottenne Antia avuta per sbaglio da un amore giovanile finito tragicamente, percepiamo il suo dolore con estrema empatia

il destino le è avverso

teniamo il cuore in mano affinché non si rompa

è bella come il sole la Julieta ragazza interpretata dall’attrice spagnola Adriana Ugarte, giovane docente di letteratura classica, un viso importante, i colori accesi, un animo delicato che ci intenerisce, lei è fragile e sensibile e noi lo percepiamo sulla nostra pelle

noi tutti ci sentiamo lei

Julieta diventa madre di Antia e pochi anni dopo rimane tragicamente vedova, i sentimenti si accavallano, i silenzi ci assorbono, la bambina cresce in simbiosi con la mamma e l’amica del cuore, una vita insieme, ma in realtà non si conoscono, il mistero si infittisce, la Julieta donna, l’attrice Emma Suárez, interrompe il silenzio e scrive alla figlia scomparsa dall’età di 18 anni e le spiega cosa era realmente accaduto, scrive scrive, ma non sa a chi inviare il suo diario-confessione, il dramma è profondo e noi lo percepiamo crudamente sulla nostra pelle, l’assenza è insopportabile e il senso di colpa insostenibile, percepiamo il dolore dell’abbandono come se lo stessimo vivendo in prima persona, ne siamo scossi, quell’abbandono che tanto temiamo, sempre in agguato dietro l’angolo, non c’è soluzione

ci uccide dentro

Almodovar scava nella corteccia che ci protegge, arriva fino ai nostri cuori, tremiamo e soffriamo con la protagonista, ci ritroviamo aggrappati ai braccioli a condividere il dramma di Julieta, più volte durante la proiezione ci si spezza il cuore e cerchiamo di riempire il vuoto che ci attanaglia

siamo di fronte a un giallo dai risvolti inaspettati, tre generazioni a confronto, Julieta, sua mamma e sua figlia, il copione, quel maledetto copione della vita che ci presenta il conto, prima a te e poi a me, il dolore degli altri è incomprensibile finché non ci tocca, allora sì lo capiremo, solo in quel momento

i nostri corpi diventano tutti il corpo di Julieta

ora siamo lei

ci accomodiamo direttamente dentro allo schermo tanto le siamo vicini

il nostro cuore diventa un gigantesco bersaglio e le vicende lunghe frecce che fanno centro, guardiamo attraverso le ferite che ci stanno squartando l’anima e soffriamo tutti insieme fino a una tregua finale

speranza, sei la benvenuta

Elisa Bollazzi

n.d.r. un clic QUI per leggere la recensione del film in occasione della sua presentazione al festival di Cannes 2016