gli occhi fissi sulla locandina di Sole Alto, un viso dolce, una spalla ampia che richiama l’altra, una donna presa dai suoi pensieri, prevedo un inno all’amore
leggo velocemente la trama, non so perché ma ne sento il bisogno questa sera, il giovane regista croato Dalibor Matanić ci racconterà una triplice storia d’amore tra un giovane croato e una ragazza serba ma in tre decenni consecutivi, uno due e tre, stessi luoghi, stessi attori, Tihana Lazović e Goran Marković, l’amore che non guarda in faccia all’etnia, è amore e basta
entro pronta ad assorbire pensieri profondi
si spengono le luci e si accende un film magico, respiro a pieni polmoni l’atmosfera e i paesaggi, apprezzo la perfezione dei dialoghi e l’interpretazione degli attori, sono ineguagliabili, bisbiglia la mia vicina commossa
il pubblico ne è estasiato
decine di occhi fissi sullo schermo, il respiro sintonizzato con la regia, gli animi turbati dalla guerra interetnica della ex Jugoslavia, ah come ne è vicino il ricordo per noi adulti, l’odio verso l’altro, verso il diverso, quel sentimento che aleggia nell’aria sempre più anche ai giorni nostri, ovunque, e che ci allontana dalla civiltà
dove è finito lo stupore della diversità
in soccorso giunge il trionfo dell’amore tra una serba e un croato, lei e lui, due persone diverse unite da un’attrazione irresistibile, innamorate, mi sembra di udire la voce del regista pronunciare parole imponenti, sì le sento e so che le enuncerà nuovamente
l’accettazione è l’opposto dell’intolleranza
sì le ho sentite e le sentiranno tutti
il pubblico è attento e, immerso nella triplice trama, si dimentica di se stesso, gli occhi increduli alla vista di quell’odio feroce, come è possibile, popoli trascinati dalle pulsioni più atroci ma lì nel mezzo, a ricordarci il senso della vita, intensi sguardi d’amore, villaggi assolati, la forza del desiderio, una campagna fertile e grandi pulsioni di sopravvivenza
chissà che tutto possa tornare come prima
tre date, 1991, 2001, 2011, sei nomi, Jelena e Ivan, Nataša e Ante, Marija e Luka, serbe e croati, donne e uomini, tre storie d’amore, tre sentimenti contrastanti, volgo lo sguardo a sinistra e la mia vicina mi guarda, le leggo nella mente questa frase
la guerra
la si può fare anche con una tromba
lei grande pianista sa di cosa si sta parlando, la musica, l’arte, la poesia, una guerra di posizioni e sensibilità, l’altro come risorsa e arricchimento, togliamo quelle etichette che abbiamo appiccicato sulla fronte del cosiddetto nemico, perdiana
l’amore è sbocciato anche qui nel 1991
sopraggiunge il 2001, sono ancora anni di sofferenza, l’amore è carnale, ne rimaniamo colpiti, e il 2011 ci regala qualcuno che bussa alla porta alla ricerca di un senso della vita, giro gli occhi qui e là, gli sguardi del pubblico presente e perfino di quello assente sono attentissimi, le spalle protratte lievemente in avanti, quasi stessero per lanciarsi nello schermo a dare una mano a spingere lui tra le braccia di lei e del bambino, vogliatevi bene, suvvia
è
poesia
pura
ripete emozionata la mia vicina
ne usciamo ammaliati con il cuore arricchito e la mente speranzosa
Elisa Bollazzi
Artista e scrittrice si diletta a trasformare in un flusso di parole la sua vita itinerante da una galleria a un museo da una sala cinematografica a un teatro da un incontro con l’autore a una biennale.
Inizia a scrivere a sei anni sotto l’amorevole guida dell’adorata maestra Luigia. Dapprima le vocali: 40 a 40 e 40 i 40 o 40 u in seguito le consonanti, 40 per ognuna e quindi tutte in fila. Di lì a poco vocali e consonanti abbracciate in mille modi all’apparenza indecifrabili: ab ac al am an ao ar as at au av az Ba bo bu Ca cc ci cr cu Da du Aa dd nn pp ss vv zz, inspiegabili suoni che d’un tratto trovano un senso e come d’incanto si trasformano in parole e pensieri. Elisa sa guardare, ascoltare, pensare e ora anche scrivere: il gioco é fatto!
Dal 1990 si dedica con devozione al suo Museo Microcollection
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