OUIJA – L’origine del male, recensione del nuovo horror di Mike Flanagan

Il poster italiano del film Ouiija – L’origine del male

Regola numero 1: non usare la tavola Ouija da solo. Regola numero 2: ricorda di dire sempre addio. Regola numero 3: non usare la tavola in un cimitero. Poche, semplici istruzioni per padroneggiare senza pericolo il famigerato strumento da tavolo che da secoli permette, a chi ci crede o a chi ci gioca, di comunicare con gli spiriti.

È il 1965 a Los Angeles e Madame Zander (Elizabeth Reaser, Twilight saga) si paga l’affitto grazie a truffaldine sedute spiritiche e a clienti ingenui, coadiuvata dalle figlie Lina (Annalise Basso, Captain Fantastic), in piena adolescenza, e Doris, di appena nove anni.
Mentre la recente morte di marito/papà Roger e un imminente sfratto incombono e tormentano la famiglia, le Zander si portano in casa una “Ouija”, che diventa un nuovo diversivo per la loro particolare attività.
Ma l’introduzione della tavola porterà con sé sinistri effetti collaterali, attirando irresistibilmente a sé la piccola Doris e, soprattutto, dando la sensazione di funzionare ben oltre le aspettative…

Photo: courtesy of Universal Pictures International Italy

Spetta a Mike Flanagan, sempre più gettonato autore da brivido, il compito di risollevare il buon nome della tavoletta più occulta ed amata, dopo gli eclatanti naufragi di The Ouija Experiment (2011, Israel Luna) e Ouija (2014, Stiles White).
La tattica usata dal regista nel sorprendente prequel Ouija – L’Origine Del Male è simile a quella del collega James Wan nel recentissimo The Conjuring – Il Caso Enfield: trascinare i fatti in epoca ed estetica passate, dilatando l’atmosfera e i limiti di genere fino a racchiudere nella pellicola dinamiche più variegate, sensibili e di ampio respiro. 

Flanagan, esperto nel confondere horror e drammi, fantasmi col lenzuolo e fantasmi dell’anima (vedi Oculus e Somnia), affronta la sfida con coraggio, sapienza e stile. Sa come e dove muoversi nella sventurata casa Zander, affascinando attraverso fotografia, modi, vestiti, musiche e oggettini dei conturbanti anni settanta. Ed in effetti non è un caso che i due più grandi exploit a cui Ouija si ispira, L’Esorcista e The Amityville Horror, provengano proprio da quella decade.

Photo: courtesy of Universal Pictures International Italy

Grazie a queste accortezze, il film va oltre ogni aspettativa, Ouija – L’Origine Del Male non solo rivitalizza il franchise, ma si ritaglia un posticino tra i migliori brividi dell’anno. Pur utilizzando ingredienti generici da horror-supermercato (possessioni, sedute spiritiche, cantine infestate), Flanagan confeziona una pietanza ghiotta, costellata di trovate inconsuete e spiazzanti, talvolta pure inquietanti.

Lo fa sapendo di poter contare su un trittico di attrici in grande forma e sintonia: la redhead Basso, già con lui in Oculus, è il perfetto centro di gravità delle dinamiche familiari e spiritiche, la baby Lulu Wilson (che rivedremo presto in Annabelle 2) un vero e proprio portento.
Per fare i puntigliosi, il finale abusa di ammiccamenti, occhi vitrei e teasing, ma non intacca il resto. Così come le due monnezze precedenti non devono intaccare il monumentale lavoro svolto su questo prequel, fatto di una calibratissima fusione drama-horror, che scava un solco più profondo in personaggi e dinamiche, che bada tanto al contorno quanto al contorto.
E suggerisce forse la chiave per dare un piccolo futuro e una politica di espansione al genere.
Un must-see dell’orrore 2016.

 Luca Zanovello

 

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