Recensione del film I MAGNIFICI 7: go west, life is peaceful there…

Il poster italiano del film I Magnifici 7

Almeno questo è quello che sostenevano i Village People nella loro hit del 1977…
Sembra però esserci ben poco di pacifico nella vita e nel west della cinematografia.
Non fa eccezione I Magnifici 7, remake dell’omonimo film del ’60 di John Sturges (a sua volta ispirato al celeberrimo I Sette Samurai di Kurosawa). Chiedetelo ad Emma Cullen (Haley Bennett, Hardcore!, The Equalizer), che perde marito, villaggio e libertà per la barbara e cruenta appropriazione da parte di Bogue (Peter Sarsgaard) e dei suoi banditi.

I casi sono due: abbassare la testa o scovare qualcuno in grado di resistere alle angherie del fuorilegge. Indovinate un po’?
Emma trova speranza nel giustiziere senza macchia Chisolm (Denzel Washington), che chiama ad adunata altri sei infallibili pistoleri accomunati da un innato senso di giustizia e/o bisogno di pecunia. Chiamati a respingere la minaccia, i sette strambi cowboy diventeranno una squadra anti manigoldi, ultimo disperato appiglio in una terra senza più leggi.

I Magnifici 7 – Photo: courtesy of Warner Bros. Italia

I Magnifici 7 è il nuovo lavoro del regista Antoine Fuqua, che già aveva confermato di saper valorizzare ed arricchire d’intensità soggetti riciclati e prevedibili come il narcotraffico (Training Day, 2001), l’action vendicativo (The Equalizer, 2014) e la storia del pugile logoro (Southpaw, 2015).
La prova ultima è l’approccio a un western “copia della copia”, agli occhi di uno come me che ama il suddetto genere tanto quanto restare bloccato nel traffico in tangenziale.

Esame superato senza ovazione, perché se I Magnifici 7 non ha imprevedibilità, furia e mordente di un The Hateful Eight è tuttavia un divertente diversivo al cinema cervellone, nell’habitat di un multisala, coi popcorn.
Il far west di Fuqua è solido e conservatore, sotto il segno della tradizione sia per quanto riguarda l’ispirazione che nello sviluppo. Tratta temi consueti ed eterni, fa apologia di cameratismo maschile, fomenta il senso di giustizia e la gestualità (sempre molto scenografica) del genere: le mani accarezzano la Colt, i saloon fanno rima con rissa, l’ultima sigaretta è un diritto inalienabile.
I 130 minuti della pellicola scorrono agili, senza un singolo momento di aridità, per merito di una sceneggiatura (di Nic Pizzolatto, creatore di True Detective, e Richard Wenk) che bada al sodo e al classico, non si perde in sentimentalismi, scossoni o estenuanti, confusionarie sparatorie.

Denzel Washington in una scene de i Magnifici 7 – Photo: courtesy of Warner Bros. Italia

Il cast è ricchissimo e corretto, con contentino e rappresentanza di tutti i gruppi etnici: ci sono l’orientale schivo (Byung-hun Lee, protagonista del gioiellino I Saw The Devil) e il messicano rude (Manuel Garcia-Rulfo), il buffone (Chris Pratt, precisissimo per i ruoli spacconi) e il tormentato (Ethan Hawke). Ben caratterizzati, con un velo di prudenza stereotipica, i protagonisti fanno squadra in tutti i sensi.

Il migliore non è però Washington, ufficiale feticcio di Fuqua, ma un irriconoscibile Vincent D’Onofrio, attempato, svitato e adorabile.
Lo sguardo perfido di Sarsgaard non viene invece sfruttato a dovere, in un film dove il cattivone e le sue malefatte compaiono col contagocce, come “film per tutti” comanda, ma anche forse per ribadire che la speranza e la ricostruzione sono le cose più forti, in ogni luogo ed epoca.

Luca Zanovello

n.d.r. a questo link la presentazione del film a Toronto 2016, sotto il trailer ufficiale del film ora nei nostri cinema 

 

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