Isabelle Huppert è considerata una delle migliori interpreti viventi. Nella sua carriera (iniziata nel 1971) ha preso parte a più di cento lungometraggi. Solo quest’anno è al TIFF’16 con ben tre film (Souvenir, L’Avenir, Elle), uno più bello, e differente, dell’altro. Inizia col teatro, si addentra nel cinema, lavorando con dei veri maestri (Tavernier, Chabrol, Preminger, Goddard, solo per citarne alcuni) e con un fuoriclasse come Cimino sbarca oltreoceano (è nel cast de I Cancelli del Cielo, un’opera che definisce una poesia incompresa). Da quel momento le sue collaborazioni si alternano, dentro e fuori dai confini nazionali, e annoverano i nomi più illustri del panorama contemporaneo – Abbas Kiarostami, i fratelli Taviani, Michael Haneke, Brillante Mendoza, Hong Sang-soo e Paul Verhoeven, tanto per arricchire una lista che potrebbe continuare a lungo.
Non può stupire che abbia totale fiducia nei registi con cui lavora. Ci sentiremmo tutti lusingati se uno dei signori sopra citati ci cercasse e ci desse carta bianca nel dar vita ad un personaggio da lui scritto. Pare, infatti, che Paul Verhoeven durante le riprese di Elle le abbia lasciato totale libertà e che Michael Haneke una volta le disse “se tu lo fai, io lo faccio, altrimenti non si fa”.
A Toronto questa magnifica attrice è stata ospite di una delle famose “Conversation” che rendono il Festival un evento indimenticabile.
Ecco cinque cose di Isabelle Huppert che non sapevamo.
Il Teatro, il suo punto di partenza, è ancora molto presente nella sua agenda. Durante lo scorso weekend era in Canada, oggi è a New York su un palcoscenico a recitare un ensemble di testi su Fedra, diretto da Krzysztof Warlikowski, e pare andrà avanti a lungo così, perché “il teatro ti permette di andare contro le convenzioni”, di esplorare l’essere umano.
La Spontaneità è ciò che la rende unica. Non ha paura a rivelare che “non c’è molto da preparare prima di girare un film”, tutto fa l’immaginazione, dipende dagli istinti e degli ottimi dialoghi. E su questi ultimi è d’obbligo spendere qualche parola in più. Oltre alla personalità del regista, i dialoghi contenuti nel copione fanno la differenza al punto che alcuni ruoli li ha scelti solo per poter pronunciare determinate frasi, che tanto l’avevano colpita. Anche se, poi, possono capitare cineasti come Hong Sang-soo che consegnano le battute di giorno in giorno appena prima di cominciare, rendendo tutto una sorpresa.
Il suo cinema è, quindi, guidato da un istinto che la convince ad accettare un ruolo e la cala in un personaggio che sino a ieri non conosceva. Che si tratti di un dramma o di una commedia, non fa differenza.
Isabelle Huppert è una persona estremamente curiosa e chiacchierona (e ci ride sopra). Il suo senso dell’umorismo è meraviglioso al punto da terminare la sua prima risposta con “devi fermarmi, parlo molto” e qualche minuto dopo continuare con “non invitatemi a casa vostra, la curiosità mi farebbe aprire tutte le porte”. Ed è veramente un fiume in piena, l’attrice si dimostra sicura di chi è stata, di chi è e di dove andrà. Infatti, alla domanda se la vedremo mai dietro la macchina da presa, la risposta è arrivata decisa “per soddisfare la curiosità? Sarebbe interessante. Per necessità? No. Non sono abbastanza coraggiosa”.
I Cancelli del Cielo vengono definiti un grandissimo poema, da 60 milioni di dollari (!), che non è stato capito, probabilmente da una America non pronta ad una simile critica verso la conquista del West. “Cimino era un visionario, era avanti”, era troppo oltre. Nessuno si immaginava una simile disfatta. Erano tutti convinti ed eccitati ma sin dalla prima proiezione (e dal debutto proprio a Toronto) compresero che non sarebbe andata come sperato. “L’accoglienza è stata inversamente proporzionale alla bellezza dell’opera”, il genio era stato incompreso e a nulla servì un secondo montaggio. Solo oggi arriva una riabilitazione, che sappiamo essere tardiva.
La sua prima avventura americana, tecnicamente, fu però con Otto Preminger con cui girò – in Corsica – Operazione Rosebud. Ai suoi occhi tutto era stravagante “Robert Mitchum litigò con Otto, venne sostituito da Peter O’Toole, lo script era wild e tutta l’avventura era un po’ folle”, era un’esperienza totalmente fuori dagli schemi. Benvenuta a Hollywood, aggiungiamo noi, anche se Hollywood era in trasferta nel suo Paese.
Per concludere, dalle sue parole emerge professionalità e molta vitalità, si avverte che le venga naturale calarsi in tutti quei personaggi e che davvero veda il proprio corpo, la propria voce, come uno strumento musicale che attende solo di essere suonato.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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