IL CLAN, recensione dell’inquietante thriller di Pablo Trapero

Il poster italiano del film IL CLAN

Il Clan. La famiglia. Quel magnifico scudo che ti protegge dal mondo esterno. Quella pesante croce che ti tocca portare quando si avvita nelle proprie disfunzioni. Oggi parliamo di un clan, quello dei Puccio, che farà apparire il nostro parentado uno zuccherino. Il Clan è la storia di una famiglia argentina, numerosa, perno-centrica. Tutto ruota intorno al pater familias, Arquimedes. Arquimedes è un uomo riflessivo, canuto, con un fisico stanco, movenze decise e uno sguardo attento. Non gli sfugge nulla ed ha approntato un piano poco ortodosso per provvedere al suo clan.

Siamo nel delicato periodo in cui in Argentina è appena caduto il regime. La nazione cerca di tagliare i ponti col passato e la classe politica deve riconquistare il popolo e una credibilità a livello internazionale. Arquimedes è convinto che, dopo l’iniziale euforia, le “vecchie abitudini” fatte di sotterfugi, favori, scambi, corruzione e poca rettitudine, ritorneranno. Ai Puccio però ci pensa lui. Come? Rapendo la gente! Avvalendosi di amicizie nelle alte sfere e usando il figlio Alex, stella del rugby locale, come esca, Arquimedes persegue indisturbato il suo piano diabolico nella convinzione di rimanere impunito. Arriverà la resa dei conti? A voi scoprirlo.

Una scena del film IL CLAN – Photo: courtesy of 01 Distribution

Il Clan, è tratto da fatti realmente accaduti ed è Pablo Trapero a portarli su grande schermo. Ad un anno di distanza dalla sua presentazione al Lido, approda oggi nelle nostre sale dove abbiamo la certezza che inchioderà lo spettatore alla poltrona. Grazie ad un’attenta colonna sonora, ad una fotografia accecante, quasi bruciata, e ad un Guillermo Francella immenso, trasformato, con uno sguardo e una smorfia dir poco inquietanti, il regista argentino ci regala un lungometraggio in cui musica e ritmi serrati a molti hanno ricordato quelli del maestro Martin Scorsese.

Quella di Trapero è una pellicola dalla duplice anima. Da un lato è un gran thriller (ci tiene col fiato sospeso in attesa di scoprire il destino di vittime e aguzzini), dall’altro è un dramma complesso. Al dramma intimo, viscerale, di una famiglia controllata da un padre-padrone, affianca quello di uno Stato intento a tagliare i ponti con un passato di cui non andare fiero. Tutto scorre, si sfiora, s’intreccia, abbraccia e poi si lascia. La narrazione, alternando il passato al presente, procede senza eccessi sino alle sorprendenti e inattese battute finali.

Guillermo Francella nel film IL CLAN – Photo: courtesy of 01 Distribution

L’opera riesce a tenerci in allerta, a non ammorbarci con silenzi inutili, digressioni storiche o, ancora peggio, parentesi filosofiche. Bastano poche inquadrature, talvolta degli eloquenti primi piani, e un sapiente gioco di luce, per farci capire lo strazio interiore di un personaggio senza distoglierci dall’azione o da eventi che da noi non hanno avuto risonanza e quindi amplificano l’effetto sorpresa della storia.

In conclusione, Il Clan stupisce per la trama che fonde con equilibrio realtà e finzione; seduce con la musica, una musica orecchiabile e abile nell’entrarti dentro e non farti scordare le azioni ingiustificabili di protagonisti con un ego smisurato e una mente malata; intriga per le sue molteplici chiavi lettura. Ha vinto il Leone d’argento per la miglior regia e, a nostro avviso, una scelta diversa non poteva avvenire. Da vedere.

Vissia Menza 

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