Der traumhafte Weg - Photo: courtesy of Festival del film Locarno

Der traumhafte Weg – Photo: courtesy of Festival del film Locarno

Chi frequenta i festival sa che per fare un bel lungometraggio non è necessario un grande budget o una tonnellata di effetti speciali. È sufficiente una stanza, due attori in sintonia e una buona storia. Quest’ultima non deve per forza essere originale, basta sia ben sceneggiata e assecondi le regole del grande schermo. Proprio qui a Locarno negli anni abbiamo visto piccole perle girate in spazi ridottissimi nell’arco di un weekend da brillanti esordienti. E in giornate come l’odierna le rimpiangiamo molto. Parliamo di mediometraggi che, senza tergiversare, riescono ad emozionare e travolgere con le loro scene efficaci e perfette, di una semplicità disarmante. Diversi per genere e stile, alcuni inclini all’indie, altri al film d’autore, sono tutti in grado di sedurre una platea.

Der traumhafte Weg è la storia di un ragazzo, Kenneth, che in Grecia si innamora di una ragazza Theres. Lui è inglese, lei tedesca. Improvvisamente lui la deve lasciare a causa di un’emergenza familiare e lei non gli permetterà più di riavvicinarsi e riaccendere la vecchia fiammella. Tempo dopo, nella Berlino di oggi, un Kenneth molto cambiato ignora che anche Theres vi si sia trasferita.

Quello confezionato da Angela Schanelec è un dramma che parla di solitudine e di legami rimanendo saggiamente a debita distanza dalla tragedia urlata. Fin dall’inizio alleggia una surreale quiete. I movimenti sembrano al rallentatore, l’atmosfera è quasi caricaturale e i protagonisti sono oltremodo silenziosi. Tra una domanda e una replica nessuno apra bocca, si preferisce fissare il vuoto. E noi ci rabbuiamo…

Prima di decidere non vi sia rimedio e sia necessario un amuleto che faccia tornare il sereno, attendiamo speranzosi che finisca la prima parte, si raggiunga l’agognato climax e la trama entri nel vivo. Purtroppo di vita se ne vedrà ben poca anche dopo e i personaggi si trasformano in silenti simil-zombie affetti da infinita tristezza. Fissare il vuoto è l’attività principale di chiunque transiti davanti ai nostri occhi e la macchina da presa si sofferma un’eternità, per motivi a noi oscuri, su anonimi paesaggi.

In der traumhafte Weg la staticità è imperante e il pathos latita. Le scene sono prevedibili e pretendono di rendere abnormi le cose semplici, il che è fastidioso e accelera il dilagare della noia tra il pubblico. Il punto è che questo lavoro non si può neppure incasellare nei cosiddetti “film da festival” perché è solo una storia che difetta di  carattere, che non ci suggestiona ne irretisce con inquadrature mozzafiato. Stridono quindi le battute sulla solitudine che si odono a pochi istanti dalla fine. Se era un tentativo di spiegare il proprio lavoro, allora non ha funzionato.

Vissia Menza 

Der traumhafte Weg - Photo: courtesy of Festival del film Locarno

Der traumhafte Weg – Photo: courtesy of Festival del film Locarno