La Conversation di sabato 6 agosto con il regista Gaspar Noé.

Torsten Schmidt e Gaspar Noé © Tosi Photography

Torsten Schmidt e Gaspar Noé © Tosi Photography

Gaspar Noé è a Locarno.

Gaspar Noé, dopo una sana (speriamo) notte di sonno a bordo piscina (a suo dire), ieri si è presentato al pubblico accorso allo Spazio Forum per partecipare alla classica Conversation. L’eclettico regista argentino classe 1963, con una vita sopra le righe, cinque lungometraggi all’attivo e molte voci sul suo conto, è arrivato per raccontarsi. La presentazione della sua ultima fatica a Cannes 2015 aveva avuto una eco soprattutto per le dichiarazioni che ne erano seguite, a Locarno 2016 c’è Enter the Void ma non è andata meglio. In una frazione di secondo siamo finiti in un vortice di droghe e viaggi psichedelici da cui ne siamo usciti solo un’ora dopo.

Come il cineasta ammette di essere stanco di sentirsi porre da un anno le medesime domande su Love pure noi, con altrettanto candore, ammettiamo di avvertire un peso all’udire una nenia oramai nota. Le sue affermazioni non lasciano spazio al dubbio (e alle interpretazioni) e mettono non poche persone a disagio. E’ un continuo osannare ai poteri benefici dell’uso e abuso di sostanze allucinogene, un inneggiare all’importanza di farsi per innescare un processo creativo che sia produttivo, un delirio sulla percezione alterata della realtà che viviamo.

La voglia di credere che sia tutta una farsa e sia una provocazione per far parlare di sé non dura abbastanza. Perché Noé è scomposto (cfr. qui sotto), dimostra un’apparente ossessione per gli effetti “benefici” delle droghe e ha qualche tic di troppo, il che ci fa credere che qualora stia interpretando un personaggio, sia così ben calato nella parte d’aver smarrito sé stesso. Anche il suo interlocutore, in più di una occasione, con una professionalità encomiabile, gli fa notare la portata – ai limiti delle conseguenze legali – delle sue parole. Ma nulla può fermalo, lui è convinto al punto di invitarci a provare l’esperienza.

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Quella che sulla carta doveva essere una conversazione su musica e cinema (d’altro canto Torsten Schmidt è il fondatore di Red Bull Music Academy) si trasforma in un soffio in una dissertazione sul rapporto tra droga e cinema o, per lo meno, il cinema di Gaspar Noé. Il binomio è evidentemente caro al regista, ciò che stona è il (falso?) proselitismo e il costante non voler cogliere i tentativi di riportare l’incontro sulla retta via. Perdizione deve essere e perdizione sarà perché, a ben vedere, della sua creatività, delle idee retrostanti i suoi film maggiori (oltre a Enter the Void e Love non dimentichiamo Irréversibible con Vincent Cassel e Monica Bellucci) della loro costruzione, si sta pur sempre parlando.

Alle battute finali, superato lo scoglio dei sogni lucidi, degli sciamani e di altri deliri, si apre un varco nella nebbia. Sono manciate di secondi in cui si accenna ad argomenti seri ed interessanti come l’era digitale e la perdita di memoria, i maestri della settima arte (tra cui Lynch e Tati) e le lacrime che provoca I, Daniel Blake. Purtroppo  però sono frasi troppo fugaci per riuscire a farsi perdonare il contorno poco edificante e la perseveranza nel voler riportare tutto ad una dimensione chimica, irreale, surreale.

Questo è un assaggio del mondo di Gaspar Noé. Un luogo difficile, lontano dalle mie corde, sicuramente da maneggiare con cura.

Vissia Menza

ndr. nel nostro diario trovate molte più foto