Camila è una giovane regista argentina trasferitasi da Buenos Aires nella Grande Mela per portare a compimento la traduzione in spagnolo del “Sogno in una Notte di Mezza Estate” di William Shakespeare. Camila sente la mancanza delle amiche. Il giorno in cui riceve delle cartoline dalla precedente inquilina dell’appartamento in cui risiede una serie di decisioni e di eventi segneranno le sue scelte.
Il film dell’astro nascente Matías Piñero, anche lui mezzo argentino e mezzo newyorkese come la sua protagonista, lanciato due anni fa proprio da questi lidi nel panorama internazionale (era a Locarno 2014 con La Princesa de Francia), ritorna sul luogo del delitto con un nuovo racconto. Protagonista è una giovane donna che non si ferma davanti a nulla. Attraversa gli Stati sino alla meta. Passa da un compagno all’altro evitando la tragedia. E incontra pezzi del suo passato senza colpo ferire. Se cambia i fidanzati con nonchalance, la meta le è invece molto chiara, sia all’andata, sia al ritorno.
Il nuovo lungometraggio del cineasta argentino, in Concorso Internazionale, è una storia leggera, di quelle veloci, che vanno avanti e indietro sulla linea del tempo (sono i flashback a farci scoprire il passato della nostra eroina), concentrandosi sulle conversazioni. Quelle conversazioni ritmate, apparentemente frivole ma mai vuote, che con intelligenza ci dispensano frammenti di una persona che alla fine crediamo di conoscere come una sorella.
La crescita, l’amore, la ricerca di se stessa procede tra versi di Shakespeare (rigorosamente in spagnolo) spesso on the road. La telecamera è schiacciata sui volti, al punto da farci notare le imperfezioni della pelle. È il suono dell’iPhone a darci il ritmo e farci percepire i rumori come se il nostro orecchio fosse troppo vicino. Anche la luce asseconda le battute. E la trama è così indie da farci credere che Hermia & Helena non arrivi direttamente dal Sundance, soprattutto quando sulla scena irrompe una attore-simbolo delle piccole produzioni indipendenti a stelle e strisce destinate colpire il pubblico come Keith Poulson. L’attore, che abbiamo conosciuto proprio qui a Locarno con The Color Wheel, poi rivisto in Listen Up Philip e Queen of Earth, ci rende ancor più credibile la messa in scena.
Tanta sapienza, la leggiadria, l’attenzione alle parole e la scelta del cast non riescono però sufficienti a tramutare la ricerca di quei giovani nella nostra. Il film di Piñero ci coinvolge ma non ci travolge o stravolge. È solo un amabile sottofondo che narra una storia carina mentre la si vede ma facile da dimenticare. Nulla, infatti, spicca e assurge allo status di memorabile, non una battuta, non una situazione.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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