Conversando con Bill Pullman, anche questa è Locarno 2016

Bill Pullman allo Spazio Forum © Vissia Menza

È ora di pranzo. C’è il tipico caldo di agosto ma c’è crescente curiosità allo Spazio Forum. Sta per iniziare una delle Conversation che caratterizzano il Festival di Locarno e protagonista sarà Bill Pullman, l’attore americano che abbiamo visto la sera di apertura sul palco di Piazza Grande per ricevere l’Eccelence Award Moet & Chandon.

Sono le ore 13.30 e il programma è rispettato. Tutti arrivano, l’assalto dei fotografi è immancabile ma viene brillantemente superato. La conversazione parte proprio dagli albori, dai vantaggi di essere il sesto di sette fratelli, da come il teatro abbia sedotto un giovanotto degli anni ’70 e portato su un palco grazie a Ionesco, a come sia finito alle prime audizioni per il grande schermo, quel cinema che ce lo ha fatto conoscere ed apprezzare sin da metà anni ’80.

Ripercorrere la carriera di Bill Pullman ci apre i cassetti della memoria e ci fa realizzare che sia nato con la commedia, con le demenziali Balle Spaziali di Mel Brooks e che sin da subito sia saltato da un genere all’altro senza timore – dall’horror diretto da Wes Craven (Il Serpente e l’Arcobaleno) al dramma di Turista Per Caso, da Scappatella con il Morto a Sommersby sino a Independence Day di Roland Emmerich, film il cui sequel tra poco ce lo farà rivedere in sala. Un interprete versatile, che pare aver vissuto delle vere stagioni cinematografiche in cui si è cimentato nella rom-com e meno nel thriller, poi nel dramma e non nella commedia e cosi via sino ad oggi.

Bill Pullman allo Spazio Forum © Vissia Menza

La persona che arriva a Locarno è un uomo tranquillo, sorridente, disponibile a ripercorrere la sua storia e a regalarci simpatici aneddoti. Scopriamo così che “da grande” non avesse in programma di diventare attore, che ha studiato per essere un carpentiere ed ha avuto una parentesi in cui si è dedicato all’insegnamento. La dimensione intima e senza sovrastrutture del teatro è radicata nel suo cuore. Frase dopo frase, ci rendiamo conto dell’importanza della casualità nella vita e che dei capelli (mal) ossigenati siano stati la sua fortuna, facendogli ottenere la parte in Per favore ammazzatemi la moglie. È ancora il caso a fargli vestire spesso i panni del pretendente respinto (in Sommersby, Insonnia d’Amore e Malice, solo per citarne alcuni) e a fargli scoprire che il regista con cui avrebbe voluto lavorare (Lars von Trier, n.d.r.), lo vedeva bene nel cast del suo ultimo lavoro ma la parte era già stata assegnata.

I minuti scorrono, la morsa del clima si fa impalpabile (riemergerà con forza solo alla fine) e immancabile è la parentesi dedicata a David Lynch, e a quel Lost Highways che l’ha definitivamente consacrato nel mondo della settima arte. David è stato importante sia per lui sia per i suoi colleghi, con i suoi metodi poco convenzionali, il suo disprezzo per la psicologia (“se gli si chiedeva quale fosse la motivazione di un personaggio, andava in sofferenza”) e le sue piccole manie (cfr. la meticolosità delle scene al buio). Pullman ricorda, per esempio, come dopo quell’esperienza Patricia Arquette volessi cimentarsi nella scrittura di un romanzo.

Essendosi più volte trasformato in leader degli Stati Uniti era altrettanto ovvio si accennasse alle attuali elezioni presidenziali americane (facendo un parallelismo con la sua filmografia, cerca di convincersi siano una sceneggiatura di Mel Brooks ma teme si trasformi in una di Lynch) ed ai suoi ruoli da Presidente (lo sapevate che è stata Hilary Clinton ad accompagnarlo nella sala della Casa Bianca in cui dovevano girare le scene di Independence Day?). Non si sa come, invece, l’incontro si è chiuso con una domanda sugli alieni (!). Gli scienziati sostengono che nel passato è probabile vi siano state altre forme intelligenti, oggi è meno plausibile. Ora sappiamo come dare un’ottima risposta e chiudere un incontro con eleganza.

Vissia Menza

Bill Pullman allo Spazio Forum © Vissia Menza

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