Chiamatele Ghostbusters!
Dopo la crociata ‘ingiuriosa’ degli haters più accaniti contro l’ultima fatica di Paul Feig, il reboot di Ghostbusters approda sul grande schermo e scioglie finalmente ogni dubbio sull’esito del progetto.
Cimentarsi nello sviluppo di reboot, spin-off, sequel o film derivativi è una tendenza ormai diffusa nel panorama hollywoodiano. Se da un lato cavalcare tale onda produttiva significa seguire l’andamento del mercato e le sue logiche di fan-service, dall’altro mette in luce lo stato di crisi del cinema contemporaneo, sempre più caratterizzato dalla mancanza di idee o soggetti autentici.
Assodato questo concetto e considerata la manovra commerciale di ‘rispolvero’ promossa da Columbia Pictures, il filmmaker statunitense si avventura in un’operazione dall’alto coefficiente realizzativo ma grazie al suo background artistico e all’esperienza maturata in carriera riesce a districarsi egregiamente, proponendo un blockbuster eccentrico e spensierato che gioca con la mitologia 80s e profuma di fan-film. Nonostante alcune sintomatiche imperfezioni nella trama, Ghostbusters è una commedia ibrida d’ambientazione sci-fi, dissimile dal cult antesignano diretto nel 1984 da Ivan Reitman che all’epoca si presentava come una pellicola di fantascienza ‘unconventional‘ inebriata da un umorismo travolgente e sfrenato.
La cifra stilistica esibita dal cineasta nell’impetuoso Spy è visibile in ciascuna inquadratura e frammento scenico di Ghostbusters, in particolare nella gestione degli attori e nell’utilizzo di un’ironia dirompente che infrange gli schemi della normalità, trascinando il lungometraggio in un vortice di pura follia. I dialoghi fulminei, le battute e i continui calembour diventano l’elemento trainante dell’opera e certificano chiaramente il sentiero di percorrenza attraversato dal regista; una mossa azzardata e, indubbiamente, coraggiosa che supera alla prima visione l’esame di idoneità.
La vicenda è basata sulla riproposizione del copione originale e sin dai fotogrammi d’apertura, avvolti da una patina vintage, l’ipotesi di assistere ad un vero e proprio remake con piccole e flebili variazioni prende sempre più vigore. Anziché rilanciare un classico del cinema americano, amato e idolatrato da intere generazioni, Ghostbusters versione 2016 lo rivisita completamente, inserendo al centro della storia un team di protagoniste femminili che cerca di ricalcare quell’alone carismatico degli iconici scienziati animati dalla passione per la caccia agli spettri.
Abbattendo a priori ogni dibattito di natura sessista, Melissa McCarthy, Kristen Wiig, Kate McKinnon e Leslie Jones omaggiano con onestà i loro predecessori, nel pieno rispetto della loro iconoclastia, si ritrovano ad unire le forze per sventare una terribile minaccia che imperversa nelle vie di New York: con l’aiuto del funambolico Kevin (Chris Hemsworth), appariscente segretario dal quoziente intellettivo non pervenuto e totalmente inaffidabile, Abby, Erin Jillian e Patty scavalcheranno i pregiudizi e lo scetticismo collettivo, dimostrando che gli ectoplasmi esistono e devono essere fermati. E dunque, chi contattare se non l’improbabile quartetto?
Le paladine di Manhattan danno vita a gag spiritose e spassose in cui non mancano riferimenti al passato, dagli zaini e dai fucili protonici alla leggendaria Ecto-1, passando per la i cammei di Bill Murray, Dan Akroyd, Ernie Hudson, Annie Potts e Sigourney Weaver fino ad arrivare all’uomo dei Marshmallow in formato gigante. I personaggi incarnati da Kate McKinnon e Chris Hemsworth – strepitosi nelle rispettive performance – rappresentano il punto di forza della narrazione, poiché entrambi sono animati da una componente grottesca e demenziale che scuote sensibilmente il ritmo e lo risolleva puntualmente nelle fasi di stallo. Diversamente dalle opinioni negative preventive, Paul Feig è brillante nella sua direzione e confeziona una ghost-story esilarante che intrattiene il pubblico, bilanciando azione e divertimento nel modo migliore sulle note della sinistra colonna sonora di Theodore Shapiro. Fantasmagorico.
Andrea Rurali
Recensione pubblicata anche su Cineavatar.it
Appassionato di Star Wars e cultore della settima arte, conoscitore del western italiano e del cinema tricolore, sempre aggiornato sulle ultime cine-frontiere e produzioni internazionali (con predilezione per l’Oriente), Andrea è il fondatore del portale CineAvatar.it
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