It Follows, la morte ti segue come un’ombra

Recensione del film horror It Follows di David Robert Mitchell al cinema dal 6 luglio 

Parafrasando una vecchia dichiarazione di Frank Kappa sulla musica jazz, si potrebbe dire che il cinema horror “non è morto, ma sicuramente emana un cattivo odore”.
Nella feria di remake, sequel, reboot, spin-off e derivati spudorati, trovare oggi un grande film d’orrore è complicato; figuriamoci una vera gemma.
Quando It Follows, due stagioni fa, fece il tour mondiale dei Festival (da Cannes a Toronto, dal Sitges al Sundance), si conquistò rapidamente la nomea del “next big thing” dell’horror, supportato da recensioni eccellenti ed una sinossi minimale ed enigmatica che dava poche e non facili risposte ai salivanti curiosoni.
Un hype contagioso ed implacabile quello di It Follows (secondo lungometraggio del regista David Robert Mitchell), proprio come la terribile maledizione che racconta.

Jay (Maika Monroe) fa sesso col suo ragazzo, ma al posto di una promessa d’amore (o al peggio, una malattia venerea), eredita una persecuzione mortale, presenze invisibili al resto del mondo che la seguono lentamente ma inesorabilmente.
Come un adulto e mortifero “ce l’hai”, il multiforme “inseguitore” ossessionerà Jay fino a condurla alla tragica decisione di passare il testimone a qualcun altro, o provare ad interrompere la catena di sangue una volta per tutte.

Photo: courtesy of Midnight Factory

La sequenza iniziale di It Follows segue – con una regia meravigliosa – una ragazza disperata attraverso un placido quartierino residenziale, fino al grottesco rendez-vous con colui che la perseguita: è un incipit angosciante e memorabile, forse il più molesto dai tempi di Scream (Wes Craven, 1996), che preannuncia la narrazione ipnotica e perturbante di tutto il film.
La minaccia dell’ ”it” che si accanisce sui protagonisti si rivelerà inesorabile, silenziosa e sessualmente trasmissibile, affondando le sue radici nelle psicosi da AIDS di due decadi fa. Di essa scopriamo gli effetti letali ma non le origini, scelta che aumenta sensibilmente il disagio e lo spaesamento di chi osserva.

It Follows è figlio delle inquietudini e dei suoni Carpenteriani, dei vicinati e dei teenagers di Craven, un pargolo che però vive di una fulgida e carismatica vita propria.
L’incubo si diffonde, sfuggevole e intangibile, come l’implacabile Michael Myers ma con più forme, come Freddy Krueger ma che ti bracca anche se rimani sveglio.
Il senso di insidia ci pedina dall’inizio alla fine: uno scomodo velo di paura veicolato non solo dall’ottima storia, ma anche da una regia molto originale dal passo felpato e feroce di un predatore.

Photo: courtesy of Midnight Factory

E’ raro che un’opera da brivido riesca ad appagare contemporaneamente occhi e nervi, ma Mitchell dà l’impressione di aver covato con amore ed attenzione maniacali il suo progetto; basti pensare alle poche, nude, suggestive location selezionate e riprese dal regista in modo chirurgico.
E che dire dei suoni? It Follows celebra l’importanza dello snervamento musicale con lo score dell’artista newyorkese Rich Vreeland (aka Disasterpeace), un chiodo arroventato che si infila nelle viscere scena dopo scena.

Al di là dei proclami e del solito “Amo questo film!” di Quentin Tarantino, It Follows è ufficialmente uno dei momenti più alti e creativi dell’horror degli anni ’10, senza sensazionalismi o regie epilettiche, un incubo lucido, da contemplare e a cui arrendersi.

Voto: 8/10

Luca Zanovello

 

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