Dopo i festival di Toronto, Busan, Tokyo e la vicina Udine, Tokyo Love Hotel, il nuovo film di Hiroki Ryuichi, arriva nelle sale della Penisola. La storia di alcune persone, tutte diverse, le cui esistenze si sfiorano in uno degli hotel del quartiere a luci rosse della metropoli nipponica, è una riflessione attenta su amore, sesso, affinità di coppia, sentimenti e sogni, spesso infranti.
Nell’albergo a ore diretto da Toru, un giovane che si trascina in attesa di una fantomatica carriera a cinque stelle, la notte sarà molto lunga. Tra prostitute improvvisate e professioniste disincantate, passiamo da una stanza all’altra al seguito di amanti, opportunisti, avventurieri e fuggitivi. Un campionario di varia umanità il cui comun denominatore è l’insoddisfazione, la ricerca di qualcosa, e la disillusione.
Toru (Sometani Shota) sarà il nostro punto fermo mentre sotto quel tetto, che assiste impassibile al viavai di personaggi con il baricentro smarrito, in poche ore si affievoliranno i desideri e si susseguiranno le rivelazioni. E proprio il malcapitato ragazzo sarà il primo a essere beffato dal destino, e a doversi piegare all’inevitabile.
Ryuichi Hiroki ha scelto di percorrere la via del racconto corale unendo dramma ad ironia, passioni ad entusiasmo. In più di un’occasione ci siamo ritrovati a (sor)ridere difronte a trovate audaci e taglienti, cosi come in alcuni momenti abbiamo invocato un happy ending da favola tanta era l’infelicità negli occhi di quei giovani. Ma il sarcasmo, il tentativo di stemperare la tristezza in fini battute, e la gentilezza che pervade la narrazione non sono riusciti a donare il giusto ritmo a un’opera che ci è apparsa in difficoltà nel decollare, probabilmente schiacciata del peso delle troppe vite che si incrociano in questo Tokyo Love Hotel.
Gli errori degli esseri imperfetti che si alternano sullo schermo non ci fanno provare una vera empatia, mai abbiamo la sensazione di condividere gli spazi, l’aria, i pensieri con quei malcapitati che in fondo al cuore attendono un evento improvviso capace di ridonare loro fiducia e sorriso, proprio come molti di noi. E come ogni persona che insegue alla cieca un sogno, il percorso sarà impervio e il successo lontano.
La carriera del regista ha origine nel cinema softcore (un modo carino per dire porno leggero, leggero come una piuma), la provocazione e l’argomento per lui sono un territorio noto, facile è comprendere come sia stato in grado di riprodurre con naturalezza situazioni, dialoghi e malinconia. Nel suo film non c’è disperazione ma rassegnazione, non ci sono tragedie e schiamazzi ma sguardi mesti e gesti pacati, e la speranza non abbandona nessuno.
Tokyo Love Hotel ha una poetica notevole e lodevole, la carezza benevola, quasi materna, nei confronti dei suoi protagonisti e l’inchino alle sue eroine è commuovente. I fan del cinema di Hiroki rimarranno colpiti dalla maturità e dalla sensibilità dimostrati nell’affrontare un tema tanto difficile. Gli altri ci si devono avvicinare con la consapevolezza che potrebbero rimenare in attesa di emozioni travolgenti e di un capolavoro, che probabilmente arriverà la prossima volta.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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