Se c’è una cosa che ho imparato conoscendo Portaluppi, è decisamente l’amore per il dettaglio. Non è un modo di dire. Non parlo di uno sghiribizzo estetico, ma di un amore fisico, un piacere carnale, profondo per la creazione di un oggetto curato fin nel più piccolo particolare. Osservando un progetto di Portaluppi – che sia un’abitazione, un edificio pubblico, un ambiente o un mobile d’arredamento – si resta estasiati per la dedizione a non lasciare nulla al caso, nulla di indefinito. Quasi fosse l’abbandonarsi a un vizio, il crogiolare di un capriccio, questa sua strabiliante perfezione. E il bello è che non risulta esasperante, non costringe il visitatore, non getta in un mondo perfetto e straniante. La semplice, lineare bellezza emanata dalle realizzazioni di Portaluppi si mostra autentica e naturale, mai forzata. Come se quell’oggetto avesse preso da sé la sua forma, come se quel modo di stare, quella presentazione, non fosse altro che l’espressione stessa della sua essenza e funzionalità. Forse sto cadendo nel filosofico. Ma è questa la sensazione che Portaluppi suscita: il dover essere così delle cose, il non poter essere in nessun altro modo.

Fondazione Portaluppi, ingresso

Fondazione Portaluppi, ingresso

Ma torniamo al dettaglio. Dicevo: piacere fisico. Avete presente quel sottile compiacimento che si prova quando gli altri ridono a una battuta che ci è riuscita particolarmente bene? Eccola. È quella la sensazione. È quella la soddisfazione che l’architetto doveva provare a progetto finito, ed è la stessa che si prova oggi a contemplare il suo operato.

Così domenica mi sono organizzata e ho prenotato una visita alla Fondazione Portaluppi. Volevo vedere il suo studio, l’ambiente dove tante idee hanno preso vita. Meraviglia. Apprendo – ma poteva essere altrimenti? – che l’intero edificio è stato progettato da Portaluppi in persona, che ha poi riservano a sé l’intero pian terreno. Mi aprono il portone e mi ritrovo in un ingresso dalla linee semplici: una scalinata senza orpelli, regolare, culminante con la porta dell’ascensore. Una porta in legno marrone, con una bella decorazione centrale ad oblò. Mi risulta simpatica. Il tutto trasuda un’estrema semplicità, se non fosse per due particolari. Primo, la scalinata è in marmo: un bellissimo marmo verde scuro, con venature rosse e perlate. Splendido. Secondo, il putto alto più di un metro posto come custode a fianco dell’ascensore. Ecco Portaluppi: una semplicità naturale ravvivata dal dettaglio unico e inimitabile. Un dettaglio insolito, eccentrico talvolta, un dettaglio che non ci aspetteremmo assolutamente in quel contesto, ma che inspiegabilmente non appare per nulla fuoriluogo. Anzi, sembra proprio nel posto in cui deve essere, come se fosse sempre stato lì, in armonia. Mentre osservo quel putto potrei giurare di aver sentito l’eco di una risatina divertita. L’ironia di uno spirito.

Fondazione Portaluppi, Armadio

Fondazione Portaluppi, Armadio

Apro una porta sulla destra ed entro in un ambiente spazioso, pieno di luce. Davanti a me quella famosa scrivania Omnibus, per lui e per lei che tanto ha ammiccato dalle pagine delle riviste degli anni ’40. Faccio qualche passo in avanti per soffermarmi ad osservare l’armadio. Alto, non troppo largo. Un semplice rettangolo in legno laccato – naturalezza, semplicità. Ma ecco che il particolare spicca, ironico e bellissimo: l’intarsio. Un meraviglioso gioco di linee spezzate seguono l’alternarsi di legni dai colori diversi. Un mosaico caldo, quieto. Un capolavoro.

Ruoto su me stessa, entro nella stanza delle riunioni adiacente. E resto letteralmente a bocca aperta. Ci sono diversi progetti alle pareti illuminati da due belle, ampie finestre moderne. Un divano nero che si chiude in un ricciolo sbarazzino. Ma ciò che mi lascia senza parole non sta’ sopra, sta’ sotto.

Sotto i miei piedi.

Fondazione Portaluppi, Studio

Fondazione Portaluppi, Studio

Ora, l’amore di Portaluppi per i materiali è cosa nota a tutti. Portaluppi adorava sperimentare, giocare con colori e sostanze diverse, inusuali. Secondo me, gli piaceva l’effetto che un materiale poteva fare se utilizzato in maniera diversa dal solito. Ma sotto i miei piedi, in quella sala riunioni, io ho visto l’amore per il materiale fisico diventare tutt’uno con il piacere del dettaglio. E dar vita al pavimento. Un’elegante distesa di lastre quadrate di marmi diversi e di differenti dimensioni ricopre tutto lo spazio calpestabile. I colori si susseguono, si amalgamano, si rincorrono formando zone dalle tinte uniformi. Giallo, verde, marrone. Fino a quell’angolo in fondo, sulla destra. Marmi rossi, preziosi, regali.

Questo si che è amore.

 
 

INFORMAZIONI:

Fondazione Piero Portaluppi

Via Morozzo della Rocca, 5

Milano

Visita su prenotazione

www.portaluppi.org