una leggerezza immotivata mi accompagna fino al cinema, mi attende un film dal titolo palese, Suffragette, so esattamente cosa mi aspetta, eppure, senza motivo alcuno, entro a cuor leggero, chissà perché, penso e ripenso, finché riecheggia nella mia mente la voce della signora Blanks, mamma di Jane e Michael e improbabile suffragetta nel film Mary Poppins, quanti ricordi, la sento cantare allegramente Suffragette, a noi! tra balli e risate
… lacci e catene noi spezzerem
e tutte unite combatterem
noi siam le forze del lavoro
e cantiamo tutte in coro
marciam suffragette a noi ! …
mi siedo e invece mi ritrovo in una cupa Inghilterra di inizio ‘900 tra giovani suffragette solidali e combattive per i diritti delle donne, quello al voto innanzitutto
la protagonista, Maud Watts, lavoratrice nella lavanderia industriale di Mr Taylor, incarnazione di tutte le nefandezze maschili possibili, da osservatrice passiva diventa a poco a poco militante battagliera trainata dalla pulsione viscerale di un nobile ideale contagiandoci tutti, strattonandoci dalle nostre comode poltrone tra gli amici di sempre, lontano dal nostro mondo ordinato e sicuro, catapultandoci là sul grande schermo tra immagini angoscianti che ci contorcono l’anima
insieme a lei siamo testimoni di una realtà intrisa di
dolore
ingiustizia
violenza
fatica
disprezzo
brutalità
arroganza
odio
i nostri occhi ancorati a quelli di Maud osservano donne agguerrite e determinate lanciare pietre contro le vetrine, boicottare linee telefoniche, protestare per la rivendicazione dei loro diritti, quanto coraggio, quanto altruismo, la presa di coscienza cresce contemporaneamente in Maud, in me e nel pubblico attento, un plotone di donne, i colori offuscati, il sudore della fatica, la lotta per un nobile ideale
parole e gesti inascoltati
ahimè
donne invisibili
riflettiamo
diamo sempre tutto per scontato
votiamo da anni, da quanti per l’esattezza non lo sappiamo nemmeno, mi guardo intorno e chiedo inutilmente alla mia vicina, le mani si illuminano e google ci regala una data, il 10 marzo 1946 in Italia, mentre in Svizzera pare da molti meno anni, la notizia corre da una bocca all’altra tra lo stupore collettivo, chissà quando in Inghilterra, in Francia, in Olanda si domanda il pubblico disattento, un drappello di donne chiacchierone in sala e uno in lotta sul grande schermo, da qualche parte nel mondo il suffragio femminile risale al 2015, oh mio Dio, la rabbia si fa adulta, mi intrufolo nelle immagini e vedo donne con il burka aggirarsi circospette nella buia lavanderia, che sia uno scherzo dei miei occhi, un espediente inaspettato del regista, un miraggio, vedo neonati cinesi dormire sotto i tavoli da lavoro, nascosti qua e là, ho le traveggole, in un angolo una ragazzina mezza nuda, tatuata e truccata oltremisura, bisbiglia qualcosa nell’orecchio destro di una giovane lavoratrice, sento parole non dette, stalking, mobbing, su una scrivania vedo lettere di licenziamento in bianco già firmate, stilate a computer, come è possibile, la pellicola cambia scenario, il passato e il presente si confondono, le problematiche si somigliano, i colori si sovrappongono
Maud viene arrestata e perde tutto, il lavoro il marito il figlio, soffriamo con lei e il senso di colpa ci attanaglia, si aggrappa ai piedi, sale fino al cervello, domenica si vota, guai a rinunciare al privilegio di un diritto, le sofferenze sottese, per tutte noi qui in sala, per le nostre madri sorelle amiche donne di tutto il mondo
vedo una lettera tra le mani di una ragazza in stato interessante, mi manca il respiro, una musulmana la consola, siamo tutte sulla stessa barca, allungo lo sguardo e leggo due contratti di lavoro datati 2016, ho le visioni, uno di un uomo l’altro di una donna, la disparità retributiva è evidente, succede ai nostri giorni, ovunque, sposto lo sguardo inorridita e ritrovo le suffragette sfilare compatte, urlate più forte per favore, fatevi sentire ora qui in Italia, in Europa, nelle Americhe, nei Paesi Arabi, in Africa, urlate fino a rompere la linea dello spazio e del tempo, c’è ancora molta strada da percorrere oggi, domani, un burka, una minigonna, un corpo si copre un altro si scopre, una donna si lancia tra i cavalli in corsa, oddio, serriamo gli occhi, i cuori palpitano all’impazzata, vorremmo soccorrerla, Maud è impietrita, la sua amica è morta, ci copriamo il viso e ci rannicchiamo su noi stessi, il mondo l’ha vista
ce l’ha fatta
ce l’hanno fatta
mi accascio sfinita sulla poltrona, chino lo sguardo, rilascio le spalle, sospiro e ringrazio tutte quante
tuttavia
c’è ancora molto da fare
Elisa Bollazzi
n.d.r. un clic QUI per leggere la recensione del film in occasione della sua uscita al cinema
Artista e scrittrice si diletta a trasformare in un flusso di parole la sua vita itinerante da una galleria a un museo da una sala cinematografica a un teatro da un incontro con l’autore a una biennale.
Inizia a scrivere a sei anni sotto l’amorevole guida dell’adorata maestra Luigia. Dapprima le vocali: 40 a 40 e 40 i 40 o 40 u in seguito le consonanti, 40 per ognuna e quindi tutte in fila. Di lì a poco vocali e consonanti abbracciate in mille modi all’apparenza indecifrabili: ab ac al am an ao ar as at au av az Ba bo bu Ca cc ci cr cu Da du Aa dd nn pp ss vv zz, inspiegabili suoni che d’un tratto trovano un senso e come d’incanto si trasformano in parole e pensieri. Elisa sa guardare, ascoltare, pensare e ora anche scrivere: il gioco é fatto!
Dal 1990 si dedica con devozione al suo Museo Microcollection
Leave a Comment