Orchi che ridono e scherzano con la propria famiglia, maghi in crisi e corrotti dalla magia nera, regni di uomini in pace da decenni, infinite biblioteche che si stagliano verso il cielo. Sì può dire che Warcraft-L’inizio sia un fantasy postmoderno, mentalmente legato agli anni ’90 ma stilisticamente appartenente ad un cinema contemporaneo che strizza, in parte, l’occhio a Game of Thrones e al capostipite inarrivabile del genere, Il Signore degli Anelli.
Duncan Jones, regista del film, dà vita un’operazione di straordinaria potenza e ambizione, che riesce -seppur con qualche inciampo- a fondere la volontà di creare un intero franchise attorno a questa property, con l’idea di un colossale cinema d’intrattenimento.
Non ci si poteva aspettare altro da Warcraft-L’inizio e, a giudicare dai trailer, il risultato va oltre ogni speranza. Nel 2010 Zack Snyder regalava un incantevole e ingiustamente dimenticato Il regno di Ga’Hoole – La leggenda dei guardiani, dove la computer grafica fotorealistica e il 3D spinto al massimo servivano per introdurre lo spettatore in un ambiente coerente, fantastico e fantasioso grazie alla composizione delle immagini, fatte di pixel e poligoni stereoscopici. Il medesimo lavoro viene messo in pratica da Duncan Jones che utilizza la CGI non in chiave iperrealista (come l’Avatar di James Cameron) ma per costruire un viaggio immersivo in un mondo che pretende di non essere creduto. Sta proprio qui la chiave pop di Warcraft: il pubblico è consapevole di essere davanti ad un prodotto tratto da un videogioco e viene calato in una dimensione estremamente simile in termini di immedesimazione.
La storia, in particolare, è destinata a fare discutere a lungo. In primis per la sua complessità. Ci sono tanti nomi, tante illusioni e luoghi che sono comprensibili appieno (per lo meno ad una prima visione) a chi ha giocato al videogame. Una trama multimediale e stratificata che appartiene, purtroppo o per fortuna, al cinema del futuro. In secundis, Jones ha il coraggio di prendere delle scelte narrative che sempre più raramente si vedono sul grande schermo. All’interno di Warcraft-L’inizio i personaggi hanno un passato, una background story, che non viene spiegata, ma resta misteriosa e affascinante. Come il maestro Obi Wan, segnato da un passato oscuro nella trilogia originale di Star Wars, anche in questa pellicola abbiamo guerrieri in conflitto con i propri figli, stregoni cacciati dal concilio dei maghi senza che siano chiare le ragioni ai “non player” della serie videoludica.
Warcraft-L’inizio non è solo un lungometraggio mainstream, è un percorso sensoriale, un’esperimento che porta all’estremo le caratteristiche del cinema ma che non va fruito spegnendo il cervello, anzi, va gustato appieno scrutando ogni angolo dell’inquadratura e ogni riferimento ad un cosmo più grande.
Si esce dalla sala insoddisfatti poiché si ha la percezione di avere visto soltanto un piccolo frammento rispetto all’infinito universo di Warcraft. Ma è proprio questa sensazione che certifica l’essenza di un’avventura cinematografica in uno spazio che non ci compete, che attesta la riuscita di un progetto prima di tutto commerciale. Si ha voglia di un secondo capitolo dopo la proiezione, non di certo a causa del finale incompleto, ma perché il vastissimo contenitore di Warcraft può donare ancora più divertimento.
Questo film sulla guerra, con cattivi molto cattivi e buoni molto buoni è paradossalmente un blockbuster di nicchia. O lo si ama o lo si odia, ma si sa, il cinema è bello anche per questo.
Consigliato: agli amanti del videogioco e a chi piace il genere fantasy portato in auge da Lo Hobbit, non dal Signore degli Anelli.
Gabriele Lingiardi
Recensione pubblicata anche su CineAvatar.it
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